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Educazione e dieta mediatica

Grande pezzo di Roberto Casati sul Sole. Prende in esame i risultati della ricerca dell’Ocse sulla relazione tra i risultati dell’apprendimento a scuola e l’uso della tecnologia digitale a scuola e tra gli studenti. L’Ocse ha notato che non esiste una relazione lineare tra tecnologie e risultati: se non ci sono tecnologie, l’apprendimento è peggiore, se ce ne sono troppe è anche peggiore. Tutto il discorso si concentra sulla qualità della didattica e non sugli strumenti. Ma c’è anche un lato dietetico.

Le tecnologie sono fatte per essere usate. La loro forma, struttura, interfaccia, contenuto chiedono di essere usate. E ci riescono. Assorbendo tempo, distraendo da altro, competendo per l’attenzione con i libri, le conversazioni e ogni altra attività di comunicazione e accesso al sapere. Sherry Turkle ne parla anche nel suo ultimo libro: Reclaiming Conversation. Jonathan Franzen ne ha parlato in un pezzo sul New York Times del 28 settembre scorso (NYTimes; arrivato alla traduzione italiana oggi su Repubblica). Un’intervista con l’Autrice è sull’Atlantic. Turkle non si concentra sull’educazione scolastica, ma soprattutto sull’esperienza informale di connessione con gli altri che parte in famiglia e attraverso la conversazione. Ma fondamentalmente si preoccupa proprio dell’equilibrio nella dieta mediatica.

Del resto, la conoscenza in rete cambia. E per ottenere il massimo dalla consultazione di ciò che c’è online occorre coltivare una conoscenza extra-interent che consente di conoscere ciò che si può conoscere (Kay) o di leggere criticamente ciò che si trova nella rete. Gli algoritmi delle grandi piattaforme sono tendenzialmente autoreferenziali e generano comportamenti standard. Ai quali è sano affiancare altre forme mediatiche per avere un equilibrio mentale, empatico, intellettuale, sentimentale, migliore. Dopo un’abbuffata di social network, vale la pena di riconsiderare un approccio più completo e umano alla conoscenza.

Vedi:
Piero Dominici, Dentro la società interconnessa, FrancoAngeli
Carlo Blengino, I miei dati al di là dell’oceano

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  • Quello della lettura critica è un tema cruciale.
    Si ricollega anche alla disinformazione che viene fatta in rete sui più svariati temi, la cui origine parte spesso da fonti dubbie che le persone non sono in grado di filtrare.
    Interessante è anche quello che succede sui social network come Facebook, dove ci circondiamo di persone e idee che cementano la nostra comfort zone, senza che ci sia mai un vero scambio o una vera crescita.
    Una sorta di spirale che si autoalimenta.

    Internet offre risorse e opportunità che non hanno eguali nella storia, ma occorre sapersi costruire gli strumenti cognitivi e critici per saperne beneficiare correttamente.

  • Spesso ho l’impressione che, quando si parla di tecnologia, ci si lasci prendere da un entusiasmo anche eccessivo, per poi tornare sempre dove dovremmo sempre restare, cioè vicini al buon senso 🙂 Anche Turkle è talvolta partita in quarta con l’apologia di internet, per poi rendersi conto che non fa altro che replicare pregi e difetti degli altri media e di tutte le attività umane (forse su scala e con influenza più larghe).

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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