Forse qualcuno può gradire una lettura riassuntiva e schematica del libro Homo pluralis che ho scritto per Codice.
La grande trasformazione del mondo attuale non è certo “determinata” da internet ma non si comprende se non si comprende internet.
Con tutto quello che è successo finora, dopo l’esordio del web e del browser nella prima metà degli anni Novanta, si potrebbe pensare che il più sia avvenuto. In fondo la digitalizzazione del sapere è compiuta al 98% (Hilbert). Ma non è così: intelligenza artificiale, attività finanziarie guidate dagli algoritmi, auto che si guidano da sole, robot e droni, grandi quantità di dati che aprono scenari nuovi per il potere e la conoscenza privatizzata in enormi compagnie globali, la convergenza di bio-nano-neuro-scienze abilitata dal digitale, e così via. Tutto questo può affascinare o anche incutere una certa paura.
Come comprendere la forma che tutto questo può assumere? Un’osservazione aiuta: la forma che l’infosfera assume è guidata dalla grande narrazione che costruisce la prospettiva nella quale operano i costruttori delle innovazioni più radicali.
Una prima narrazione è quella che affida al “mercato” la decisione sull’evoluzione tecnologica: una narrazione che tende a mimetizzare il ruolo del capitalismo autoreferenziale. Una seconda narrazione è quella che vede nella dinamica della tecnologia il motore dell’evoluzione: fideisticamente protesa a suggerire che il progresso tecnologico è la via maestra per risolvere i problemi col rischio di diventare fine in sé. Una terza grande narrazione è quella che mutua le sue metafore dall’ecologia e punta sulla pluralità delle dimensioni dell’umano per definire un percorso sostenibile di sviluppo economico e tecnologico. L’ecosistema dell’innovazione, l’infosfera, la rete neutrale sono altrettante nozioni che aiutano a immaginare come si possa armonizzare l’evoluzione tecnologica con la ricerca della felicità e dello sviluppo di qualità.
Se le prime narrazioni hanno con alti e bassi definito gli ultimi trent’anni dell’evoluzione, la terza appare conquistare maggiore attenzione di fronte alle emergenti sofferenze dell’ambiente, della cultura e della società umana. E ci si va accorgendo che internet come bene comune della conoscenza va manutenuto con consapevolezza “ecologica” altrimenti rischia di essere vittima delle esternalità negative del mercato e della tecnocrazia.
Chi porta avanti l’evoluzione con le sue innovazioni mantenendo la consapevolezza dell’impatto ecosistemico e umano delle sue scelte lo fa oggi sulla base di un suo codice d’onore o di una sua deontologia o di un suo senso dell’equilibrio nell’accesso ai media. Forme di istituzionalizzazione di un codice capace di garantire la pluralità delle dimensioni dell’umano e di salvaguardare i beni comuni della conoscenza non mancano – citatissima in proposito Wikipedia e non è sola – ma vanno sviluppate in modo molto più significativo. Non è solo un dovere. Può essere anche un grande percorso per uscire dal soffocamento del presente e immaginare una nuova prosperità. L’impossibile non è eterno.
[…] L’infodiversità in un sistema rivolto al futuro prevede la pluralità delle dimensioni dell’umano. La metafora dell’ecosistema impone di guardare alle dinamiche evolutive dell’insieme con attenzione agli scopi dell’attività dell’iniziativa invormativa che si sta progettando: inclusione di nozioni come felicità, civismo, manutenzione dei beni comuni, deliberazione, metriche della qualità. (Homo pluralis) […]
[…] Homo pluralis: una lettura in breve ::: Luca De Biase […]
avremo il piacere di leggerlo per intero ….
[…] è stata una lettura facile, lo stesso De Biase ha scritto un’utile lettura riassuntiva e schematica che mi ha permesso di non perdermi durante la lettura e i rimandi a tutti i saggi e […]
[…] con le parole digitali della Turkle – citata da Luca De Biase nel suo non meno affascinante homo pluralis: “sovrastati dal volume di impegni e dalla velocità della nostra vita, ci rivolgiamo alla […]