«No school can be better than those who work in it» dice l’Economist. Scuole con insegnanti che non ci credono più, società che non valorizzano e rispettano gli educatori, sistemi pubblici che hanno dimenticato la missione per il bene comune, non servono al futuro, abbattono il morale e il senso dell’educazione. Mentre tutti noi ricordiamo quell’insegnante consapevole della sua missione che tanta parte ha avuto nell’appassionarci alla conoscenza. E che così ha indirizzato la nostra esistenza.
In Finlandia e in Corea gli insegnanti sono rispettati e molti grandi professionisti scelgono di fare gli insegnanti. Altrove non è così, ma evidentemente è possibile che sia così.
Una riforma della scuola può avvenire. E deve assolutamente avvenire. Anche in questo paese. Ma come in ogni paese, deve avere una bussola: ripristinare il rispetto per la professione dell’educatore a tutti i livelli. Forse non può partire dallo Stato. Forse deve partire da associazioni e nuove iniziative orientate al bene comune. Ma lo Stato ne deve essere consapevole, come l’impresa. E dare una mano.
Vedi:
Teach for America
Teach first
Economist: High-fliers in the classroom
Vedi anche:
Impara digitale
Fondazione Amiotti
La buona scuola
update: Alcuni commenti su Twitter mi dicono che invece deve partire proprio dallo Stato. Il fatto è che lo Stato negli ultimi trent’anni è stato il punto di partenza del processo che ha reso meno rispettata la professione dell’educatore. E ovviamente rispondeva a una quantità piuttosto complessa di dinamiche: la spinta dell’iperliberismo, la spinta dei valori sospinti dalla pubblicità e le televisioni commerciali, la spinta dei partiti “anti-stato”, e così via. Niente può togliere di mezzo la responsabilità dello Stato e soprattutto di cui lo guida. Ma chi guida lo stato non può che interpretare i giochi di forza e le evoluzioni culturali della società. Per questo dicevo che la responsabilità delle persone che vivono nella società e delle forme con le quali si associano non può essere tralasciata. Anzi, forse il cambio di rotta può avvenire a partire da spinte che vengono dalla società. Se aspettiamo che sia “lo Stato” non meglio identificato a prendere l’iniziativa probabilmente nel vuoto si una società distratta e disimpegnata o peggio passiva e succube, allora dovremo aspettare a lungo. L’ipotesi – perché di questo si tratta – è dunque che una mobilitazione costruttiva parta dalla società, con la spinta magari del sistema delle imprese che comprendono la situazione, e arrivi a chi guida lo Stato come un’onda tanto sferzante da trascinare via i “muri di gomma” dei quali è fatta tanta parte dello Stato e dia forza ai leader che possono davvero cambiare la situazione. Ma il rispetto per gli insegnanti – penso – parte da tutti noi: persone, insegnanti, associazioni. Imho.
Quoto:
‘Scuole con insegnanti che non ci credono più, società che non valorizzano e rispettano gli educatori, sistemi pubblici che hanno dimenticato la missione per il bene comune, non servono al futuro, abbattono il morale e il senso dell’educazione. ‘
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PAROLE SANTE !
ci vorrebbe una rivoluzione culturale in questo paese e i docenti dovrebbero esserne i protagonisti