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Il comma 29 è finito – La vittoria di una ribellione civile – Ma va avanti la legge sulle intercettazioni

Il comma 29 che aveva fatto temere la trasformazione dell’internet italiana in un campo minato, nel quale ogni informazione pubblicata online, documentata o meno, poteva diventare oggetto di una richiesta di rettifica con pene stratosferiche per gli inadempienti è stato abbandonato in commissione, grazie all’intervento degli onorevoli Roberto Cassinelli, Pdl, e Roberto Zaccaria (Repubblica)

La legge in discussione si riferisce alla stampa, ai giornali diffusi con qualunque tecnologia ma comunque ufficialmente registrati come testate, come aveva previsto l’avvocato Tomaso Pisapia che avevo sentito prima della novità.

Il testo della legge, via Guido Scorza, è in questo pdf.
Il testo del comma era davvero ambiguo: “Per i siti informatici, ivi compresi i
giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le
dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore
dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa
metodologia di accesso al sito e la stessa visibilita` della notizia cui
si riferiscono”. Secondo l’avvocato Tomaso Pisapia, però, il comma si
presentava come modifica alla legge 8 febbraio 1948, quella che contiene
le “Disposizioni sulla stampa“.
Quindi a suo parere restava comunque confinato alla stampa. E dunque tra i
siti informatici interessati non avrebbero dovuto esserci Wikipedia, i blog, ma nient’altro che i
giornali online registrati come tali.

La protesta era stata enorme, divertente, vigorosa. Impossibile citare tutte le iniziative contro il comma 29. Mi scuso con tutti coloro che non cito. Tra quelli che ho notato ci sono Guido Scorza. ValigiaBlu. Isoladeicassintegrati. Luca Nicotra. StampaLibera. Angelo Ricci. Il magnifico pezzo di bravura di Metilparaben. La divulgazione di Byoblu. La simpatica spiegazione del Disinformatico. L’appoggio di Ethan Zuckerman. E per finire la clamorosa decisione di Wikipedia che aveva fatto notare come, presa alla lettera, la norma impediva all’enciclopedia di lavorare perché aboliva la validità delle informazioni documentate e le sostituiva con le notizie che piacevano ai richiedenti le rettifiche: un paradosso senza precedenti che avrebbe trasformato un tentativo di censura in un vero e proprio sistema per legalizzare e moltiplicare ogni forma di manipolazione della realtà.

Chissà quale di questi elementi ha convinto i parlamentari. Di certo si sono accorti che la rete si difende e che ha un seguito crescente. Avrebbero dovuto capirlo già all’epoca dei referendum. Forse l’avevano capito tanto bene che tentavano di mettere paura a chi la usa. Forse continueranno in questo stillicidio di norme anti-rete, prima proposte e poi abbandonate, che lasciano la sensazione, in chi non segua attentamente queste vicende, che la rete sia un po’ pericolosa e difficile da usare. Un effetto che va assolutamente combattuto. Magari facendo crescere formule di autoconsapevolezza, come quelle proposte su Timu che propone a chi fa informazione online di dichiarare apertamente che crede in un metodo responsabile di produrre notizie e approfondimenti. (Il bollino colorato in fondo a destra in questo blog porta alla semplice presa di coscienza proposta da Timu).

Ora però il complesso della legge sulle intercettazioni andrà avanti. E sarà dura per i giornali. Molti giornalisti hanno appoggiato la rete nella lotta al comma 29. Ora sarà bene che la rete appoggi i giornali nella lotta contro gli aspetti più assurdi del resto della legge. (cfr. Repubblica)

La questione è importantissima: la legge può modificare il modo in cui sono fatte le intercettazioni e i tempi della loro trasformazione in documenti pubblici (si può essere più o meno d’accordo, ma questo è un dibattito che ha un suo senso); ma il principio secondo il quale i giornali possono pubblicare i documenti che trovano è assolutamente fondamentale. Si può anche discutere su quanto sia illegale fare uscire certi documenti dalle segrete stanze dei tribunali – fino a che per legge sono segrete – ma sta di fatto che quando dei documenti veri e verificati sono nelle mani dei giornali questi devono poterli pubblicare. In quelle occasioni, saranno puniti coloro che li hanno fatti uscire, ma non i giornali e i giornalisti che li hanno pubblicati. Altrimenti sarebbe lesa la libertà di stampa in modo molto grave.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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