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Prompt, chi parla?

Opportunità e rischi. Sono in partenza le intelligenze artificiali specializzate in finanza e ricerca farmaceutica: BoombergGPT e BioGPT. Intanto si moltiplicano le rogne legali per l’intelligenza artificiale. In Francia e a Bruxelles si studia il caso italiano e ci si prepara a capire se deve essere seguito (AFP). In Canada ci stanno già arrivando (The Canadian Press, Globe&Mail). Nel frattempo un sindaco australiano fa causa per diffamazione a ChatGPT (Reuters).

Caso italiano. Le critiche abbastanza aprioristiche al Garante italiano forse erano un po’ affrettate. Comunque oggi il Garante italiano incontra OpenAI. Lo scopo è arrivare presto a una composizione della questione. Il Garante vorrà comprendere meglio che cosa fa la macchina con i dati che gli utenti immettono quando la interrogano e qualche rassicurazione sul trattamento dei bambini. OpenAI dovrà fare qualche concessione, dopo aver scelto la serrata qualche giorno fa (Garante, OpenAI non sembra avere un comunicato in materia).


Prompt

Le parole per definire le richieste che gli umani rivolgono ai computer cambiano nel tempo. In origine, se qualcuno chiedeva qualcosa a un elaboratore elettronico, di fatto, interrogava un database, un archivio nel quale qualcuno aveva messo delle conoscenze secondo uno schema ben preciso. Quel gesto si chiamava query.

Con i motori di ricerca su internet, le richieste degli utenti si sono chiamate anch’esse query. Come se tutta internet fosse un grande archivio relativamente statico e lo si potesse interrogare come con un database, cercando quello che vi era stato depositato.

Con le intelligenze artificiali non si usa questa parola. Il che è essenziale da tenere a mente. Perché le chat intelligenti non sono archivi e non vanno trattate come tali.

In compenso si usa una parola che sta cambiando significato. La parola è prompt. Un tempo, in informatica col termine prompt si indicava una richiesta trasmessa dall’elaboratore al suo utilizzatore, attraverso l’interfaccia, quando doveva sollecitare un suo input. Per esempio, un prompt era l’apparizione della finestrella che chiede la password. Oppure il nome e cognome dell’utente. Il prompt era una domanda del computer che si rivolgeva all’intelligenza umana, la sola che poteva far proseguire la routine avviata.

Ma il prompt oggi è diventato un’altra cosa: lo scrive l’utente di una chat intelligente. È quel comando, richiesta, messaggio che la persona lancia alla macchina. Il rapporto tra umani e strumenti è rovesciato, in un certo senso.

Oggi il Garante e OpenAI parlano.

In un comunicato, a OpenAI hanno dichiarato subito che sarebbero stati molto felici di incontrare le autorità italiane per la protezione dei dati personali e di “educarle” sul funzionamento della loro tecnologia. Anche qui un rovesciamento, in un certo senso. (Anche il Garante peraltro ha fatto un errore di comunicazione scrivendo in un comunicato di aver “bloccato” ChatGPT).

Ma alla fine vedremo dove le posizioni del Garante e di OpenAI si incontreranno. Il Garante ha scritto il suo prompt. L’intelligenza artificiale ha risposto chiudendosi a riccio, nella chiara certezza di avere ragione e poco da temere dall’autorità italiana. La complessità della situazione non merita le banalizzazioni che si sono sentite in questi giorni, né da una parte né dall’altra.

L’unica utilità di questo post, probabilmente, è quella di fare qualcosa aspettando gli esiti della riunione in video tra il Garante e OpenAI. E intanto, se uno vuole una visione giuridicamente più attenta alla complessità della materia, meglio dare un’occhiata a quello che dice Carlo Blengino.


Foto: Una relazione del primo Garante italiano, Stefano Rodotà. “File:Relazione Rodotà.jpg” by Unknown author is licensed under CC BY 4.0.

 

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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