La povertà non è colpa dei poveri. Ma del modo in cui si organizza la società e l’economia. Il premio Nobel per la pace, Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank e pioniere del microcredito, ha raggiunto risultati straordinari nei luoghi in cui è intervenuto con le sue soluzioni finanziarie orientate al business sociale.
Il suo ultimo libro, tradotto da Feltrinelli con un titolo un po’ diverso dall’originale, è una sorgente di coraggio. Un coraggio che deriva da un pensiero, come al solito, fondamentalmente pragmatico.
«Senza dubbio la natura umana ha tratti egoistici, ma sa essere anche altruista, molte nostre azioni si spiegano con l’interesse personale e con la ricerca del profitto, ma altre appaiono prive di senso se viste solo attraverso questa lente deformante», scrive Yunus.
Dal punto di vista teorico, l’innovazione è molto… pratica. L’economia tradizionale fonda le sue convinzioni sull’assunto secondo il quale la persona umana è unidimensionale e cerca semplicemente la propria utilità. In realtà, la persona è multidimensionale e cerca un insieme vario di cose tra le quali l’utilità, ma anche la felicità degli altri. Di questo occorre che si renda conto anche l’economia e ne prenda le dovute conseguenze. «Bisogna che nella teoria economica il convenzionale soggetto unidimensionale venga sostituito da una persona vera multidimensionale, animata sia da spinte egoistiche sia da slanci altruistici».
«Questo nuovo punto di vista rappresenta un cambiamento radicale nella nostra interpretazione del mondo dell’economia, perché adottandolo ci rendiamo immediatamente conto di come ci sia bisogno di due tipi d’impresa, uno mirato all’arricchimento personale e uno dedicato all’aiuto degli altri. Nel primo tipo di impresa l’obiettivo è massimizzare il profitto dei proprietari sempre e comunque, anche se non rimane nulla per gli altri, al punto che in questa ricerca del massimo profitto molti non si accorgono nemmeno del danno che stanno inconsapevolmente causando alla vita di altre persone. Nelle imprese del secondo tipo, invece, tutto viene utilizzato a beneficio degli altri e non rimane nulla per i proprietari. Nulla, beninteso, a parte il piacere di agire per il bene dell’umanità. Chiameremo “impresa con finalità sociali” questo secondo tipo di impresa che fa leva sul lato altruistico della natura umana ed è l’anello mancante che può rendere completa la nostra teoria economica».
«Chi investe nel business sociale lo fa con l’obiettivo di aiutare gli altri senza prevedere alcun ritorno finanziario per sé. A parte questo, però, le imprese con finalità sociali sono imprese a tutti gli effetti, capaci di generare ricchezza in misura sufficiente a coprire i costi di produzione e raggiungere così quella forza propulsiva autosufficiente che è il primo requisito che cerchiamo in un’impresa sana».
Il filo del bookblogging (Decisioni, Lehrer).
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