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Cercasi innovatori

Questo blog è abitato da persone di eccellente qualità, di diverse opinioni e letture, di esperienze ricche e di generosa tensione partecipativa. Per questo spero in un supporto significativo per il progetto che sto avviando. Un libro sul senso dell’innovazione in Italia.

In questa epoca confusa e difficile, gli innovatori non mancano. Ma dove sono? Chi sono? Perché innovano?

Le persone che innovano, a ogni livello, sono la risposta a molti problemi. Perché invece di scannarsi con gli altri per la spartizione delle risorse, tendono a cercare di creare nuove risorse, nuove opportunità per generarne.

Cerco storie di innovatori che rispondano a qualche domanda, volutamente generale:
1. Che cosa vedono davanti a sé. Qual è la cultura del futuro degli innovatori?
2. Che interpretazione dell’innovazione si danno. Distruzione creatrice? Progresso tecnico? Rottura radicale?
3. Chi sono. Quali storie esemplari si possono raccontare?

Sappiamo delle difficoltà italiane a innovare. E sappiamo che nonostante tutto ci sono molti innovatori che riescono nonostante tutto a realizzare la loro idea. Dove si trovano? Con quale metodo vanno cercati e valutati?

Nion si può vivere soltanto di un insieme di dilemmi paralizzanti. Non si può vivere di polemiche e di timori. Gli innovatori che ci sono e fanno strada sono possibili nuovi modelli per una società che ne sta cercando.

Anche perché, magari, sono persone che cercano di innovare nella qualità, nella intelligenza, forse addirittura nella ricerca della felicità.

Naturalmente questo è solo un tentativo generico di aprire una ricerca. Spero molto nei consigli e nelle segnalazioni di tutti coloro che vorranno darne.

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  • Luca, io vedo l’innovazione come un “semplice” processo di miglioramento radicale.
    E’ difficile “scovare” esempi in Italia perchè si parla poco di innovazione, e molte delle parole spese in giro sono forse troppo esagerate.
    Un piccolo aiuto, però, mi sento di dartelo: se chiedi agli italiani all’estero che fanno innovazione, loro sapranno dirti perchè non l’hanno potuta attuare in Italia, e forse ti potranno segnalare altri innovatori, in Italia o all’estero, con cui sono entrati in contatto.

  • ciao Luca
    il tuo post è intrigante e mi spinge a fare alcune riflessioni:
    comincio dal titolo “Cercasi innovatori” chi dovrebbe cercare gli innovatori dovrebbe essere lo stato italiano dando il via finalmente ad una sera politica che premi il merito e la capacità di innovare.
    Inoltre tu asserisci che il problema sia trovare gli innovatori dando per scontato che esistano, ne sei davvero certo?
    Il vero punto è perchè innovano? secondo me chi lo fa, lo fa solo in virtù di un possibile busines, si è perso del tutto lo spirito che ha contraddistinto nel passato tante scoperte fatte quasi sempre per caso….
    Infine ti segnalo due innovatori, uno è Fabrizio Capobianco di Funambol e credo che tu già lo conosca e rappresenta bene l’assioma innovazione =business l’altro è un mio collega Vincenzo che oggi a tavola mi raccontava che stava progettando un antifurto per la sua nuova casa basato su nuove tecnologie sw , questo rappresenta bene la mia idea di innovazione ovvero usare le competenze acquisite e reinventarle per creare qualcosa di nuovo.

  • Sono venuto a Perugia mosso dalla stessa problematica, ti accennai che sarebbe stato interessante, oltre che entusiasmante, poter organizzare una serie di incontri che elicitassero la consapevolezza del tema. Con un pò di sarcasmo ti dissi che tutti ne parlano ma nessuno sa cos’è, almeno è quello che si nota in molte imprese nel tessuto di Macerata.
    Per quadrare il cerchio di valutare i fabbisogni competitivi con Confindustria, ho proposto di partire da un tracciato che facesse emergere quali fossero i driver informativi per innovare, i bisogni di conoscenza quindi e mi modi per sopperirli. Questo per togliere il preconcetto che omologa innovazione a tecnologia, mentre questa è un fattore strategico insieme a tanti altri: i modelli di business, organizzativi, le conoscenze dei trend, ma tutti in fondo ancillari alle idee e alla cultura che queste presuppongono per la soluzione di un problemi o il miglioramento di un beneficio se la soluzione già c’è. L’esempio portante di quanto il problema sia preminentemente di ordine culturale, lo dimostra una grossa azienda che per correttezza non cito. Le viene presentato un progetto che per costi/benefici sarebbe stata una manna dal ciele per qualsiasi investimento. Otteneva dal partner, una società di trasposti locali, una concessione a costo 0 dei propri spazi pubblicitari per un valore di circa 500.000 €. E’ un progetto innovativo in Italia che rientra nella Corporate Social Responsability (solo Tesco anche se in maniera divrsa lo ha portato avanti), ma in questo caso il deterrente non è stata la novità. In consiglio di amministrazione si è eccepito che la mission del progetto toccava i punti cardine dell’impresa, che ironia della sorte sono identici, come dire non si può esternalizzare una mission perché toglie titolarità. Quindi anche se c’è innovazione, profitto e beneficio collettivo, una strategia del genere andava a ledere il modello culturale ma non per defferenza ma perché è analogo.
    Per tornare al tuo quesito Luca, credo che la cultura del futuro degli innovatori sia così intrisa di complessità che è facile perdersi.
    Personalmente credo sia un mix di conoscenza umanistica e scientifico. Una sociologia economica della conoscenza che osserva i progressi scientifici ma li tocca con le mani delle persone comuni.
    Ovviamente quegli occhi dovrebbero sapere leggere le informazioni salienti e non il tumulto di nuovi prodotti che sono solo dadi comunicativi.
    La distruzione creatrice a là Shumpeter credo non esista più da molti anni, è tutto interdipendete e intersettoriale non solo nell’ICT ma anche nei settori ad alta creatività come la moda per esempio.
    Il progesso credo sia collegare cose e conoscenze esistenti per bisogni esistenti e non nuovi. I micropagamenti di cui si parla a parlare anche per l’editoria potrebbe esser un esempio. Ogni famiglia italiana ha un fidelity card e ogni insegna ha un operatore mobile virtuale ormai. Un euro di costo promozionale potrebbe oltre che esser sostenibile avvantaggiare tutti. Ogni famiglia si trova nella Sim, a sua volta fedelity card, le notizie al costo del quotidiano e se le scarica a casa in famiglia. Il giornale della sera, dove tutti felici e contenti commentano le notizie prima del tg. Ruggiero in Telecom hanni fa diceva che aveva 60 milioni di punti vendita. Forse tocca passare dal supermercato per averli veramente.
    Linko un pensatoio dove mettono a disposizione strumenti software per fare analisi strategica di scenario. E’un progetto molto interessante perché i software permettono analisi multistakeholder che potrebbero esser utilizzati con panel di esperti, magari proprio sull’innovazione. E magari per ridurre un pò la complessità.
    http://www.3ie.fr/lipsor/lipsor_uk/index_uk.htm

  • John Elkann, capo del capo del mio capo in una pregressa avventura editorial-pazzesca e persona squisita, da oggi pomeriggio è sicuramente un innovatore.

  • ciao luca,
    noi qui in romagna ci stiamo provando, il progetto si chiama romagna business club: http://www.romagnabusinessclub.com
    il 23 di aprile abbiamo un evento a cui ti invito e a cui partecipano alcuni dei tuoi colleghi:
    Corporate and Business Web Forum – Il web per la PMI
    http://www.romagnabusinessclub.com/featured-articles/23-aprile-2009-corporate-and-business-web-forum-il-web-per-la-pmi/
    L’obiettivo è creare una vera e propria impresa quindi a fine di business. Come?
    fondamentalmente creando eventi per ora e diffondere la conoscenza e l’utilizzo del web ma soprattutto la nuova cultura fondendola con quella ruspante romagnola…..

  • Quando consegnarono la medaglia presidenziale al professor Peter F. Drucker per i suoi studi di management e per le sue riconosciute capacità di predizione e innovazione rispose semplicemente “I just look out the window and see what’s visible – but not yet seen.”
    L’innovatore per me è questo. E’ un qualcuno che vede e realizza oggi ciò che per altri nemmeno è da considerare.
    Intorno a noi, nella nostra vita di tutti i giorni, nel lavoro incontriamo spesso degli innovatori e a volte nemmeno ce ne accorgiamo.
    Peter Drucker (http://www.druckerinstitute.com/) è un innovatore e in sua memoria è stato anche istituito un riconoscimento che premia quelle attività no-profit che si sono distinte per la capacità di anticipare e innovare il loro settore o ambiente.
    Nel mio lavoro mi è capitato di incontrare persone che hanno questa dote. Uno di questi è Christian Carniato, fondatore di TSW, che più di 10 anni fa ha visto nel Search Engine Marketing il futuro del web. Scommessa vinta. Ma è interessante vedere cosa sta combinando nel frattempo. Una fonte inesauribile di stimoli.

  • Di primo acchitto, mi viene di rispondere con un link a un progetto che mi piace molto: http://www.librino.org/ (peccato per il sito in flash)… Cito dalla presentazione:
    Antonio Presti, da dieci anni, coltiva a Librino un’utopia. In questa “città-satellite” di circa 70.000 abitanti, in un territorio lasciato ai margini, privo di infrastrutture e di servizi, l’ideatore di Fiumara d’arte, “il sognatore che realizza i propri sogni”- come lo ha definito lo scrittore israeliano Meir Shalev – coltiva l’utopia della bellezza e dell’arte come forza etica. In questo spazio della contemporaneità, un non luogo che nega cittadinanza ai suoi abitanti, ha scelto d’investire sull’arte ritenendola occasione di riscatto, d’incontro, di scoperta, di gioia e di bellezza.
    Guardati la Porta della Bellezza che è l’opera che stanno mettendo in piedi in questi giorni…

  • Luca,
    Io penso di essere da sempre un’innovatrice, ma dipendente. Per noi è estremamente difficile farci notare. Si lavora nell’ombra e i risultati vengono visti come quelli delle organizzazioni da cui dipendiamo. Ma ci siamo, ci sono. Personalmente penso di aver fatto molto, nonostante si debbano sempre fare le nozze coi fichi secchi, e anche bene. Ma nessuno mi conosce. Altri, liberi e non dipendenti, possono farsi notare di più.
    Ma anche noi, a libro paga di qualcuno, innoviamo.

  • Il commento di Laura ha tutta la mia approvazione (e solidarietà) per essere innovatori devi essere indipendente o qualcuno non innovatore che prende decisioni per te te lo impedirà… credo che in Italia ci siano innovatori ma, spesso, purtroppo chi decide non lo è.

  • Il tema è affascinante. Personalmente trovo che una cosa su cui siamo carenti in Italia è la capacità di associare innovazione e sostenibilità/modello di business, e più in generale percorsi di selezione delle reali innovazioni, per distinguerle da “invenzioni” fine a se stesse.
    Credo che nòva stia facendo del suo per segnalare percorsi possibili.
    Quanto alle persone, il problema è riuscire ad avere le competenze per valutarne le potenzialità, e non è sempre facile.
    Ti girerò una mail in proposito che potrebbe esserti utile

  • Le radici delle innovazioni stanno generalmente nel gioco e nella decorazione.
    La metallurgia inizio’ con il martellare il rame all’interno di collane e altri ornamenti molto prima che fosse utilizzata per coltelli ed armi di rame e di bronzo.
    La formazione di leghe metalliche inizio’ nell’ambito della gioielleria e della scultura che della produzione economica e militare.
    La ruota inizio’ ad essere usata in modo “frivolo”; le ruote piu’ antiche a noi conosciute erano parti di giocattoli.
    L’idraulica, la meccanica ed altre manifestazioni del genio umano furono sviluppate all’inizio per costruire giocattoli o come forme di intrattenimento.
    Il ferro battuto fu inizalmente utilizzato per scopi decorativi nella creazione dei cancelli dei palazzi.
    L’industria chimica si sviluppo’ dal bisogno di colorare o decolorare i tessuti ed il vetro.
    La polvere da sparo venne utilizzata prima come forma di intrattenimento per i fuochi artificiali molto prima che fosse utilizzata per scopi militare o per conquistare lo spazio con i razzi.
    La prima ferrovia al mondo fu creata come forma di intratenimento a Londra.
    La plastica venne dapprima utilizzata per i giocattoli e per i tasti del pianoforte come rimpiazzo a basso costo dell’avorio.
    Le racchette da tennis, le mazze da golf sperimentarono le fibre di vetro e di carbonio prima degli aeroeplani.
    I videogiochi al computer hanno preceduto l’uso giornaliero dei computer nello spazio lavorativo.
    Il riscaldamento con i pannelli solari e’ iniziato come un hobby per appassionati di fai da te.
    Tutte le cose grandi nascono da cose piccole, ma le nuove piccole cose vengono sono distrutte a meno che non siano valorizzate per ragioni piu’ di apprezzamento estetico che di utilita’ pratica.

  • Gentile Luca,
    Il tuo post mi ha fatto molto piacere.
    Ti racconto volentieri in maniera stringata la mia esperienza all’estero, e perché mi considero un innovatore.
    Dopo gli studi ho lavorato per due anni a Milano nel settore della CSR -responsabilità sociale d’impresa. Ho trovato il lavoro a Milano interessante, stimolante… ma non abbastanza.
    La mia curiosità mi ha spinto a cercare di studiare di piu’ e imparare un approccio più “radicale” per lo sviluppo sostenibile. Ho studiato allora in Svezia ad un master in leadership per la sostenibilità. Non solo insegnava le basi scientifiche, ma anche un approccio totalmente diverso alla partecipazione democratica nelle scelte che riguardano la collettività (ah, il modello svedese, quanto lo amo!)
    Ora sono a Londra come consulente freelancer. Per me l’innovazione sta non solo nelle tecnologie, ma nel ridiscutere il paradigma dominante. Guarda in giro: siamo circondati di vecchi paradigmi che crollano. La stessa teoria economica di 200 anni fa porta avanti l’economia. Libero mercato, illimitatezza delle risorse naturali, nessuna esternalizzazione dei costi ambientali. E guarda le catastrofi che queste teorie economiche comportano.
    Lo stesso puo’ dirsi delle democrazie. Abbiamo veramente bisogno di innovazioni radicali, ridiscutere in toto il paradigma dominante.
    Io sento che non potrei, almeno adesso, lavorare in Italia con le mie idee. Mi taglierebbero le gambe subito.
    “Per cambiare qualcosa, costruisci un nuovo modello che renda l’attuale obsoleto” Bucky Fuller.
    Mi farebbe piacere continuare e approfondire.
    http://eccemarco.splinder.com/post/20383230/and+then+i%27ll+open+it+up+to+yo
    Until then,
    marco

  • Io segnalo Kublai (http://progettokublai.ning.com/): una rete pensata per fare emergere e sviluppare progetti creativi che abbiano un impatto in termini di sviluppo locale fino a portarli a potersi concretamente realizzare, e che, surprise surprise, vede come innovatori “uomini pubblici”: dietro Kublai c’e’ infatti il Laboratorio per le politiche di sviluppo del Ministero dello Sviluppo Economico.

  • Mi auto segnalo. Da almeno 10 anni lavoro sui temi dell’innovazione sia in ambito accademico che professionale. Con altri colleghi stiamo lavorando sull’ “innovare il fare innovazione”. In altre parole consideriamo l’innovazione dal punto di vista non dei risultati/prodotti ma da quello organizzativo (quali sono le condizioni, i contesti, i modelli organizzativi, i processi che possono sostenere e favorire l’innovazione).
    L’idea di fondo è che l’innovazione è generazione di nuova conoscenza, e che per generare nuova conoscenza bisogna prima di tutto attivare percorsi di evoluzione/trasformazione nel soggetto “innovatore”. Perchè mai dovrebbe risultare qualcosa di nuovo da un soggetto che è rimasto sostanzialmente uguale a sè stesso? Il problema generale dell’innovazione è proprio questo: si vogliono fare cose nuove senza essere disponibili a cambiare prima di tutto dentro sè stessi. Ma è possibile “cambiare noi stessi”? Come possiamo evolvere/trasformarci in qualcosa di diverso? Per chi fosse interessato all’argomento segnalo un mio recente articolo che racconta la storia di un interessante progetto sperimentale (innovazione organizzativa, innovazione esplorativa) da me condotto per ST Microelectronics: è pubblicato sulla rivista Sistemi & Impresa, Este Edizioni. E’ in due puntate (numeri di Marzo e Aprile 2009).

  • Mi autosegnalo. Da dieci anni lavoro sul tema dell’innovazione sia in ambito professionale che accademico. In particolare mi occupo dell’ innovare il “fare innovazione”. La questione è questa: cambia la natura dell’innovazione necessaria (da incrementale a radicale, da semplice a sistemica/multi tech), devono cambiare le modalità per farla. Non solo: sempre meno si può innovare “da soli” (l’innovazione è sempre più un fatto collaborativa, perchè le competenze da mettere in gioco si fanno sempre più numerose).
    L’idea di fondo che stiamo sviluppando è che l’innovazione organizzativa precede sempre l’innovazione di prodotto/di processo/di business. In parole più semplici la nostra tesi è che solo un “nuovo soggetto” può produrre qualcosa di realmente nuovo. Ma possiamo diventare “nuovi”? Come possiamo trasformarci/evolvere in qualcosa di diverso?
    Ti segnalo un mio recente articolo che racconta la storia di un interessante progetto sperimentale (innovazione organizzativa/innovazione esplorativa)da me condotto per ST Microelectronics. Il titolo è “Entrare in nuovi mercati attraverso l’innovazione”, pubblicato in due puntate (Marzo e Aprile 2009) sulla rivista Sistemi & Impresa, Este Edizioni.

  • ti segnalo un progetto che conosci bene e di cui avrei voluto anche parlarti meglio. http://www.workingcapital.telecomitalia.it
    http://www.workingcapitalcamp.com/
    lo stiamo costruendo con gianluca (dettori) e ci ha fatto incontrare molti innovatori – il barcamp a catania è stata una esperienza notevole, nicola mattina può raccontarti in dettaglio. poi gianluca ed io abbiamo parlato con un genio di 20 anni che ci ha spiegato la sua idea e siamo rimast senza parole. la vera innovazione è spiazzante.

  • Come non citare H-Farm esempio di eccellenza e innovazione ,con tutte le sue realtà e la nuova start up, di cui faccio parte, UannaBe.
    Se vuole maggiori informazioni, ci contatti pure…

  • Sono una ragazza di 20 anni, abito a Reggio Calabria, la punta dello Stivale… Non mi considero un’innovatrice, ma collaboro attivamente a due progetti che a mio avviso, stanno contribuendo ad innovare la realtà in cui vivo: il circolo culturale Rhegium Julii e il quotidiano online strill.it.
    Il primo, attivo da più di 40 anni, si spende per organizzare incontri con autori di caratura nazionale ed internazionale (sono stati in riva allo Stretto Josif Brodskij, Toni Morrison, la Montalcini, Seamus Heaney, tra gli altri), promuovendo occasioni di dialogo tra studenti e scrittori, caffè letterari.
    Il secondo, attivo dal 2006, sta dando una svolta al sistema dell’informazione attraverso una testata online regolarmente registrata che finalmente dà notizie. Memorabile l’iniziativa Tabularasa sull’editoria di inchiesta e di denuncia svoltasi dal 19 al 22 luglio di quest’anno.
    Sono coordinatrice del gruppo Giovani del Rhegium e collaboratrice di strill.it; credo che l’innovazione sia il risultato di molteplici fattori, individuali e collettivi, e che l’innovazione, pur segnando una discontinuità fin dal suo apparire, si manifesti come una fluttuazione che, a particolari condizioni, possa invadere tutto il sistema (prendo in prestito da Prigogine). Così, penso che sebbene in Italia sia ancora più difficile fare innovazione (e al Sud le difficoltà si triplicano), non di rado entrambe le realtà che ho presentato sono state definite “isole felici”, proprio come le fluttuazioni che danno origine alle strutture dissipative…
    Mi batto per il superamento delle due culture, sono appassionata di filosofia della scienza e sociologia della comunicazione, i miei riferimenti sono la scuola dei Cultural Studies e la filosofia della complessità. Credo che il progresso tecnico faccia emergere nuove opportunità che spetta alla lungimiranza ed all’intraprendenza dei singoli trasformare in progetti e quindi in realtà.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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