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Stanchi di sentir parlare di “notizie false”? Il peggio deve ancora arrivare

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Certo che la bufala della pizzeria di Washington nella quale si diceva si svolgesse un sordido traffico pedofilo che ha convinto un uomo a fare un viaggio di sei ore in macchina per andare a salvare le creature, armato di un fucile, è ancora un record. L’uomo è stato arrestato anche se non ha sparato visto che non ha trovato traccia di quell’attività inumana. Ma molti altri hanno continuato a scriverne online sostenendo che la bufala era il fatto che l’uomo non avesse trovato nulla di illegale nella pizzeria… (NYTimes).

La quantità di notizie false che circolano è alimentata dalla facilità di ottenere un risultato e farsi notare, soprattutto nelle echo-chamber definite da preconcetti compatibili con il contenuto di quelle invenzioni. E la normale attività di fact-checking non ha efficacia proprio perché non supera il pregiudizio, alimenta il complottismo, non serve nessuna opinione pubblica in una società frammentata in bolle di convenzioni, ideologie, rancori e varia umanità.

Ma Nick Bilton immagina che possa andare anche peggio (VanityFair). Diventerà più facile inventare anche le prove, con i filmati e le foto che si possono montare per via software alterando le immagini a piacimento, con le più differenti modalità per impiantare pezzi di software in qualunque computer, con la simulazione digitale di qualunque cosa. E soprattutto con uno dei criteri di verità, l’istituzione del presidente degli Stati Uniti, trasformata a sua volta in un generatore di falsità tattiche e strategiche.

Prima di riuscire a bonificare questo ecosistema inquinato, avremo bisogno di molta pazienza, intelligenza, tecnologia, civismo, risorse, partecipazione… Insomma: si può fare. Ma non c’è molto tempo da perdere…

ps. Intanto qualcuno comincia a lasciare Facebook

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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