Il primo problema degli italiani è la preoccupazione per l’economia e l’ecologia. Qualsiasi altra menata politica è secondaria. In questa campagna elettorale questo è il tema. Non si tratta semplicemente di dichiararsi competenti, però. Si tratta di dire le cose che servono per conquistare la fiducia degli elettori nel momento in cui votano il 25 settembre. C’è chi parla di tasse. C’è chi parla di cuneo fiscale. C’è chi semplicemente dice “lasciate fare a me” che tanto ho già vinto e non vi preoccupate. Ma in pratica che cosa si potrebbe fare?
Personalmente ho un chiodo fisso. E mi scuso se sembra semplificatorio. Ma non lo considero tale. Lo considero strategico.
Ci sono tre crisi economiche ed ecologiche al momento:
- Costi e disponibilità di energia
- Inflazione e aumento dei tassi
- Cambiamenti dovuti alla transizione ecologica
Si tratta di crisi di breve o di lungo periodo? Le misure da prendere sono congiunturali o strutturali? Bastano aiuti alle imprese e alle famiglie oppure occorre che questi siano diretti a ottenere cambiamenti di lungo termine?
3. La transizione ecologica è chiaramente strutturale. E per la sua profondità dovrebbe guidare tutto il ragionamento. Non ci sono dubbi da questo punto di vista: occorre abbattere al più presto le emissioni di CO2 e di metano. Quindi occorre fare cambiamenti strutturali nella produzione, nel consumo, nel trasporto e nelle tecnologie di base per quasi tutto ciò che conta nell’economia.
1. La narrativa dei costi energetici attraversa un cambiamento. È partita come una storia a breve termine: finita la guerra in Ucraina si torna alla normalità. Non è così. Si scopre che gli europei devono trovare altre fonti di gas, pensano di fare altri gasdotti verso l’Africa, studiano l’approvvigionamento dal Canada via nave. Si scopre che l’Arabia Saudita potrebbe ridurre la produzione e aumentare il prezzo del petrolio se gli Stati Uniti fanno l’accordo con l’Iran. Ci si accorge insomma che la crisi dei prezzi dei prodotti petroliferi e del gas non è necessariamente transitoria. Ma che la debolezza strategica dell’Europa in materia si risolve con cambiamenti strutturali.
2. L’inflazione è stata presentata come transitoria dallo stesso presidente della FED (la banca centrale americana) un anno fa. Ora gli annunci della sua organizzazione sul futuro dei tassi dimostrano che non lo pensa più. Ora pensa che l’inflazione sia destinata a durare. Che sia entrata in campo una dinamica che autoalimenta l’aumento dei prezzi. Ma sta di fatto che la principale causa di inflazione è il costo dell’energia. La seconda è il costo delle materie prime alimentari (che è connesso alla guerra e all’energia). La terza è la fine della globalizzazione come si era immaginato che potesse essere in un mondo neoliberale guidato dagli Stati Uniti.
Insomma. I nostri problemi sono strutturali. Le loro cause sono di lunga durata. I cambiamenti che servono per affrontarli sono strategici.
Già, si dirà. Ma i cambiamenti strategici hanno bisogno di molto tempo per essere realizzati. Mentre la crisi morde subito. E gli elettori vogliono vedere risultati immediati. O almeno essere convinti di questo. E allora diamogli degli aiuti economici immediati. Più pensioni, meno tasse, più aiuti ai consumi… Così si pensa di poter convincere gli elettori. Rimandando a dopo le scelte fondamentali. Ma non si possono trovare soluzioni immediate che abbiano anche un impatto di lungo termine?
Sarebbe una buona strategia: soluzioni strutturali a problemi congiunturali. Ma è possibile?
Per rispondere positivamente occorrerebbe trovare delle misure che abbiano la capacità di avere risultati immediati e di contribuire a un problema di fondo. L’analisi che serve per trovare queste misure deve servire a individuare i nodi strategici, quelli che possono generare conseguenze a più livelli.
Vediamo una possibile analisi. Il minimo comune denominatore delle tre crisi è il passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Aumentare massicciamente l’installazione di pannelli fotovoltaici riduce la dipendenza da paesi avversari dell’Europa, riduce i costi dell’energia, elimina la prima causa di inflazione.
Si possono collegare gli aiuti congiunturali alla soluzione dei problemi strutturali? Forse sì.
Per quanto riguarda le imprese – ma probabilmente anche per le famiglie – si possono offrire aiuti immediati condizionandoli al fatto che in parte vengano usati per installare pannelli (per esempio coprendo i maggiori costi dell’energia solo se c’è un piano di investimento in fotovoltaico e fino al completamento del progetto). Se mancano i pannelli occorre costruirli e gli aiuti dello stato possono essere importanti per accelerare la crescita di aziende che sappiano fare questi prodotti in fretta o li sappiano importare velocemente. Anche gli acquisti delle banche centrali possono essere prioritizzati: ti compro i tuoi bond ma tu investi una parte in autonomia energetica e fonti rinnovabili (tenendo conto di tutta la filiera). Anche i tassi di interesse possono essere aumentati per contenere l’inflazione ma scontati per tutti gli investimenti orientati alle fonti di energia rinnovabili…
Aiuti immediati con uno scopo strutturale. Si può fare? Certamente occorre un pensiero molto più articolato di quello che ho proposto qui. Ma occorre un pensiero che si ispiri a questo approccio.
La questione è quella di costruire una narrativa che consenta di connettere aspetti che attualmente sembrano separati. I problemi del reddito disponibile delle famiglie, i costi delle imprese, la ristrutturazione dell’economia e l’aggiustamento alla post-globalizzaione, l’innovazione tecnologica: sono tutti temi connessi. Perché non tentare di affrontarli scegliendo i nodi della rete che tengono insieme il sistema?
Secondo il sondaggio YouTrend queste sono le priorità della popolazione italiana:
64.9% – Crisi energetica e aumento delle bollette
54,9% – Livello dei salari e inflazione
45,2% – Ambiente e cambiamento climatico
38.5% – Il futuro dei giovani italiani e la scuola
33,2% – Le conseguenze del COVID-19 e il sistema sanitario
La foto scelta offre un’idea diversa della depressione economica. Lo squallore del consumismo. “Economy Candy” by Chalky Lives is licensed under CC BY 2.0.
Commenta