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L’esito delle elezioni

Nonostante le apparenze, l’esito delle elezioni non è scontato. Dopo la fine del governo guidato da Mario Draghi e l’annuncio delle elezioni per il 25 settembre gli osservatori hanno cominciato a tentare di prevedere il futuro sulla base dei sondaggi e della legge elettorale. I sondaggi sui consensi dei partiti sono molto favorevoli alla Destra. I sondaggi sul gradimento del governo Draghi danno ragione a chi lo ha sostenuto. Gli incerti sono una quantità sufficiente a creare condizioni inattese. Ovviamente questo post non serve a prevedere, ma a ragionare.


La determinazione dell’esito del voto dovrebbe essere frutto del rapporto tra bisogni percepiti della popolazione e credibilità delle promesse elettorali. Ma ci sono anche altre importanti forze da tenere in considerazione. La tendenza degli italiani a votare per chi vince è un elemento da analizzare. Come lo è la capacità di mobilitazione delle alleanze in competizione. L’emozione è certamente più importante della ragione, in moltissimi casi. Che cosa possiamo dire in proposito? Ecco tre argomenti di conversazione:

  1. Le priorità della popolazione
  2. Lo scenario più probabile secondo i sondaggi
  3. Le difficoltà delle alternative

1. Priorità. Secondo il sondaggio YouTrend queste sono le priorità della popolazione italiana:

64.9% – Crisi energetica e aumento delle bollette
54,9% – Livello dei salari e inflazione
45,2% – Ambiente e cambiamento climatico
38.5% – Il futuro dei giovani italiani e la scuola
33,2% – Le conseguenze del COVID-19 e il sistema sanitario

Evidentemente non siamo in una fase nella quale le priorità sono quelle costruite da chi ha promosso i temi dell’immigrazione e della criminalità. Queste questioni totalmente costruite a tavolino e mediatizzate dalla Destra non corrispondono ai temi concreti sentiti dalla popolazione in questa fase storica.

2. Scenari. Si osserva dunque uno scollamento tra lo scenario più probabile per i sondaggi e le priorità degli italiani.

Tutti dicono che lo scenario più probabile è la vittoria della Destra. Sommando i risultati che i sondaggi attribuiscono a ciascun partito della Destra, il totale è 46,7% (SWG di oggi). Il PD ha il 23,7%, Azione+Europa 6,8%, Europa Verde e Sinistra Italiana 4,1%: anche sommati questi partiti sono indietro di 10 punti rispetto alla Destra. Il M5S peraltro ha proprio il 10% dei voti secondo lo stesso sondaggio. Ma non è “la somma che fa il totale”.

Lo scenario più probabile non equivale a una previsione sicura. Innanzitutto occorre tenere conto del 40% che non si esprime nei sondaggi. Inoltre, occorre tenere conto delle interazioni tra i partiti una volta che si sono uniti. La Destra estremista ha guadagnato restando fuori dal governo, la Lega ha perso, forse, per il motivo opposto. Che cosa succederà ora che si uniscono per conquistare i voti delle uninominali? Un elettore abituato a sentirsi appellare “moderato” voterà tranquillamente per un post-fascista? Anche a Sinistra dove, dopo l’accordo del PD con Azione, non c’è ancora chiarezza sulle eventuali altre alleanze, l’omogeneità delle posizioni è tutta da verificare. Ma forse non sarà questo il problema delle alleanze.

Una volta che ci fosse un’alternativa di Sinistra credibile, questa avrebbe alcuni vantaggi: sarebbe la più accreditata erede del consenso maggioritario ottenuto da Draghi (tanto che uno dei partiti dice che vorrebbe ancora Draghi alla presidenza del Consiglio); sarebbe più compatibile con le priorità degli italiani espresse nel sondaggio citato sopra (economia, clima, scuola e giovani); potrebbe dimostrare facilmente di essere più largamente rappresentativa di una Destra a trazione estremista.

3. Alternative. La difficoltà di un cambio di scenario rispetto a quello più probabile è molto grande. Da molti mesi i sondaggi danno risposte simili a quelle citate. E la stabilità di queste opinioni sembra importante. Una dinamica tipica in Italia è che molti elettori tendono a votare per chi vince. E quindi se molti saranno convinti che vinca la Destra, questa sarà avvantaggiata. Un’altra dinamica tipica è che la Sinistra fatica a mobilitare i suoi elettori: quando questi vanno a votare si equivalgono con quelli di Destra, ma spesso disertano il voto per disamoramento nei confronti dell’effettiva proposta politica dei partiti di Sinistra.

La difficoltà non è impossibilità. Soprattutto se la Sinistra articola una proposta che va incontro alle preoccupazioni non artificiose ma reali che esistono tra gli italiani. La credibilità dei partiti di Sinistra in termini di gestione dell’economia, in termini di priorità ecologica, in termini di scuola e lavoro, in termini di collocazione in Europa e nell’Alleanza Atlantica, è maggiore di quella dei partiti di Destra che finora hanno parlato soprattutto di temi fuori tempo come l’immigrazione (e che si sono in gran parte dimostrati negli anni amici della Russia e di Putin).

La mobilitazione degli elettori di sinistra resta comunque il problema della Sinistra. Tipicamente, i voti non si muovono da uno schieramento all’altro ma tendono a restare nel loro alveo politico-culturale. Casomai gli elettori disamorati non votano per nessuno. In alcuni casi, però, la Sinistra riesce a mobilitare: se riuscirà a dire chiaramente che cosa vuole (vincere l’emergenza climatica, affrontare i temi della remunerazione e della qualità del lavoro modernizzando il sistema produttivo, costruire cultura e socialità inclusiva, valorizzare l’appartenenza all’Europa) può mobilitare, soprattutto se dall’altra parte ci sono degli estremisti ambigui in politica estera, imprecisi sul piano economico e poco orientati alla giustizia sociale. Per adesso, la Sinistra non ha dato segni di un’emozionante chiarezza di posizioni giuste per i suoi elettori.

Eccezionalmente ci possono anche essere alcuni cambi di schieramento. Soprattutto quando sono obbligati. La crisi del M5S sembra tale che un certo insieme di voti cambierà probabilmente schieramento. Il polo organizzato intorno ad Azione e +Europa è una novità che deve dimostrare la sua attrattività ma potrebbe spostare una parte dei voti centristi da Destra a Sinistra. Un eventuale ritorno di Alessandro Di Battista, comunque un dettaglio, potrebbe portare al M5S qualche voto di destra. Più difficile, alla luce di questi ragionamenti, che la Destra attiri elettori imprevisti.

Lo scenario di una vittoria di Sinistra resta per ora il meno probabile, almeno fino a che non si vedranno sondaggi che tengono conto delle alleanze e fino a che l’articolazione delle istanze della Sinistra non si mostri con più chiarezza. L’impossibilità di capire che cosa succederà al M5S rende meno prevedibile l’entità della vittoria eventuale della Destra. L’ipotesi che la Destra vinca abbastanza da poter cambiare da sola la Costituzione resta una possibilità ma meno probabile di una vittoria risicata della Destra. Una buona performance del M5S – non molto probabile – potrebbe finire per avvalorare l’ipotesi che dalle elezioni si esca con nessuna maggioranza possibile.

In sintesi. Ecco la lista degli scenari in ordine della probabilità del loro verificarsi (soggettiva, basata sui ragionamenti proposti in questo post e soprattutto limitata alla situazione di oggi):

1. Vittoria risicata della Destra (45/100)
2. Vittoria risicata della Sinistra (35/100)
3. Vittoria abbondante della Destra (15/100)
4. Nessuna maggioranza possibile (5/100)


Non sono un politico. Non capisco la politica politicante, la subisco. Mi rivolgo alla mia comunità per contribuire a comprendere a che cosa dovremmo imparare a stare attenti. In questo post, in un periodo apparentemente denso di novità, mi sono posto una questione classica: chi vincerà? Questa è una terza puntata. (La prima è qui, la seconda è qui)


In tutti i casi, la società italiana si dovrà dotare di strumenti per difendersi nel lungo termine dalla manipolazione da parte delle forze più disinteressate al bene comune. Una sorta di vaccinazione generale dalla rabbia introdotta nei modi più diversi nel sistema di relazioni che forma la società italiana sarebbe auspicabile. La consapevolezza che il bene comune è meglio della distruttività generale sarebbe un’ottima idea.

La società italiana ha molti poli di aggregazione non politici. E deve imparare a usarli non per farli confluire in questo o quell’altro sistema di potere, ma per influenzare le scelte politiche, qualunque sia il governo. Una maturazione della società italiana in questo senso sarebbe altamente auspicabile. Il bene comune è composto da una buona adesione alla modernizzazione indotta dalle regole europee e dall’esigenza di fare commercio a livello internazionale. Il bene comune è costruito intorno alla convergenza degli obiettivi di sanità ambientale, di qualità del lavoro e di produzione di profitti e crescita aziendale: le aziende che pagano meglio, investono di più, esportano di più, sono anche più verdi e sostenibili, sono anche le più profittevoli. Il bene comune è orientato al lungo termine e all’inclusione sociale, piuttosto che alla crescita della povertà, ma si tratta di un’inclusione operosa e non meramente caritatevole. IMHO.

Ne parleremo in un prossimo post, forse. Leonardo Becchetti e altri hanno proposto un appello della società civile.


Foto: “Ambrogio Lorenzetti, Effects of Good Government on the City Life” by f_snarfel is licensed under CC BY-NC 2.0.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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