È appena uscito il mio nuovo libro: Eppur s’innova. Viaggio alla ricerca del modello italiano, Luiss University Press. Ringrazio molto tutti coloro che alla casa editrice hanno collaborato con grandissima cura per dare al libro la forma e il contenuto migliore possibile. Ringrazio tutti gli intervistati che hanno dedicato tanto tempo alle mie domande. E ringrazio i lettori che avranno la pazienza di esplorare queste pagine. Spero di avere i vostri commenti.
Come comincia il libro:
«In breve. Poi approfondiamo. Ma insomma: tutte le analisi statistiche internazionali che servono a stabilire quali sono i paesi più innovativi pongono l’Italia in basso nelle classifiche. L’Italia è sempre tra gli ultimi, nel quadro dei paesi sviluppati, sugli indicatori standard che servono a valutare l’innovatività, come i finanziamenti alla ricerca, i brevetti, il venture capital, le competenze digitali.
Eppure, le esportazioni italiane vanno bene, aumentano anche in periodi di crisi generale, come è avvenuto dal 2009 in poi. A livello di esportazioni, poi, la crisi pandemica del 2020 è stata abbondantemente superata già nel 2021.
Come si spiega? Due ipotesi alternative: o gli italiani esportano prodotti “vecchi”, oppure hanno un modo tutto loro di innovare, un modo che non è registrato dagli indicatori internazionali standard. Diamo per possibile la prima ipotesi. E dedichiamo questo libro a esplorare la seconda.»
Struttura dell’argomentazione:
- Non c’è un solo modello dell’innovazione
- L’innovazione è un fenomeno culturale
- Gli italiani hanno spesso successo, l’Italia raramente
- La cultura italiana dell’innovazione è fondamentalmente relazionale e narrativa
- Le possibilità contemporanee dell’innovazione all’italiana e i suoi limiti strutturali
- La scommessa sulla modernizzazione dell’Italia nel contesto europeo e internazionale
La ricerca è basata essenzialmente su un centinaio di interviste e sulla lettura di studi e analisi sulla complessa materia. Lo spirito che aleggia nel libro non è difensivo e neppure vagamente trionfalistico nei confronti dell’italianità dell’innovazione. Piuttosto si tenta di argomentare intorno all’idea che forse la via italiana è caratterizzata da risorse economiche e sistemiche scarse ma attinge a una cultura molto ricca. Non è detto che questo possa essere sufficiente in futuro.
Magari nei prossimi tempi torno su questi argomenti per vari carotaggi sulla ricerca fatta per il libro.
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