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Esplorando il possibile: un rilancio del giornalismo

Ho partecipato a un convegno per i 60 anni dell’Ordine dei Giornalisti a Venezia. Ho ascoltato relazioni strepitose, sulla costituzione, la legge, la visione del giornalismo. Ho contribuito con qualche dato e alcune considerazioni. Mi hanno chiesto di mettere a disposizione quanto detto. Ed ecco dunque questo post, nella speranza che possa servire. (ODG)


Dati di fatto

Giornali e giornalisti hanno conosciuto tempi migliori. Anzi, a dirla tutta senza troppi peli sulla lingua, non hanno mai conosciuto tempi peggiori. Ovviamente, alcuni giornalisti e pochi giornali se la passano benissimo. Ma molti restano indietro, faticano a stare in piedi, non vengono pagati il giusto e il loro lavoro è conosciuto da una quantità di persone troppo limitata.

Alcuni dati possono essere ricordati. Un sondaggio di Gallup dice che la fiducia degli americani nei giornali e nei notiziari televisivi è in forte calo. Nel 1974 il 70% degli americani si fidava dei giornali e dei notiziari televisivi. Oggi la percentuale di chi si fida è scesa al 34%.

Nel mondo, secondo Edelman, la fiducia nei media tradizionali – come nei governi – è in calo da anni e ha raggiunto il 50%. La gente si fida di più delle aziende e delle organizzazioni non profit. Il dato rilevato da Reuters Institute per il suo Digital News Report 2022 era ancora più basso: 42%. 

Ma il fenomeno si inquadra in un contesto da osservare con attenzione. Reuters rilevava non solo un calo della fiducia, ma anche un calo dell’interesse per le notizie, qualsiasi sia il mezzo con il quale arrivano alla popolazione. Nel 2017, gli interessati alle notizie giornalistiche erano il 63% della popolazione dei 46 paesi analizzati in tutto il mondo. Nel 2022 gli interessati erano scesi al 51%. Nello stesso tempo, si rilevava nel 2022 che il 38% della popolazione evita attivamente di incappare nelle notizie giornalistiche. La percentuale era al 29% nel 2017.

Il punto è che mentre c’è stato un periodo in cui le notizie giornalistiche perdevano quota nei loro mezzi tradizionali ma ne conquistavano nei media digitali e nei social network, adesso tutti quei mezzi perdono quota in termini di fiducia. E secondo Edelman, la perdita di fiducia più grande riguarda proprio i social network, dei quali ormai si fida soltanto il 37% nel mondo. 

Si assiste in questi mesi a un disaccoppiamento dei social media dai giornali. Dicono a Facebook che soltanto il 3% del post che circolano sulla piattaforma ha un link a un articolo di giornale (LDB)

Può essere un riflesso dello scarso interesse nei confronti dei giornali. Ma non sta salvando i social media dalla perdita di fiducia che li colpisce a loro volta. Un fatto che va accostato a un dato che se fosse confermato sarebbe davvero una novità: il tempo dedicato a internet nei maggiori paesi sta diminuendo, secondo il Reuters Institute che a sua volta cita una ricerca di GWI. Rispetto al picco di utilizzo di internet durante i lock down decisi per contrastare la diffusione della pandemia, il tempo passato su internet sarebbe diminuito del 13%. Non era mai successo niente del genere. Ci sono anche dei primi segnali debolissimi per i quali una sorta di controcultura sta emergendo a New York, con ragazzi che si impegnano a non usare i social e a incontrarsi fisicamente per leggere libri, come gesto di protesta creativa. Si vedrà se siamo di fronte a un cambio di stagione. (Reuters Institute)

Effettivamente, per i giornali e i giornalisti l’arrivo delle piattaforme è stato una concorrenza irresistibile sul mercato della raccolta pubblicitaria. Finita l’epoca in cui i giornali analogici controllavano il mercato delle informazioni, i produttori di notizie hanno dovuto imparare a scrivere su un mezzo completamente diverso, digitale, con spazi virtualmente infiniti, accessibile in molti modi, con una quantità di autori infinitamente accresciuta. Mentre prima quello che mancava era lo spazio sul quale pubblicare – e giornali e giornalisti lo controllavano – con il digitale lo spazio non era più scarso. Quello che era diventato scarso era il tempo del pubblico, l’attenzione del pubblico, la rilevanza riconosciuta dal pubblico alle fonti di informazione. Il salto di astrazione era notevole. Il cambiamento della relazione con il pubblico era difficile da comprendere. In ogni caso fu meglio compreso dalle piattaforme, come Google e Facebook. Che vinsero su tutta la linea per la conquista del tempo, dell’attenzione e della rilevanza. Conseguentemente, vinsero anche sul mercato pubblicitario. (LDB)

Ma le tendenze cambiano. Facebook in particolare è in una crisi profondissima. Non cresce, perde giovani utenti, in borsa crolla, non è credibile. Ovviamente è tutt’ora enorme. Ma l’abitudine all’accesso ai media prevalente ai tempi in cui i media sociali erano in impetuosa crescita sembra entrata nel passato. Ci sono fatti troppo importanti. 

Nuove tendenze

I media sociali sono percepiti come meno sicuri. Gli attacchi deliberati da parte di potenze straniere e di criminali belli e buoni nella forma di disinformazione e attentati alla cybersicurezza ormai sono entrati nella consapevolezza del pubblico. Gli eccessi di uso dei social da parte dei teenager cominciano a essere trattati come fenomeni da curare, come le diete sbagliate e le dipendenze. La conoscenza dell’effetto radicalizzante degli algoritmi di raccomandazione dei social network è ormai sempre più diffusa. La pandemia ha richiamato all’attenzione di tutti la necessità e l’opportunità di cercare notizie documentate, scientificamente attendibili. L’intelligenza artificiale è sempre più all’ordine del giorno circondata da un dibattito che alimenta una visione critica, non necessariamente negativa, ma critica del digitale.

E in tutto questo la Commissione europea introduce misure che avranno un impatto notevole sulla politica aziendale delle grandi piattaforme digitali. La Corte suprema degli Stati Uniti peraltro sta cominciando a prendere in seria considerazione l’inconsistenza delle leggi che garantiscono alle piattaforme di essere completamente non responsabili di ciò che gli utenti fanno con le loro tecnologie. E nel Regno Unito una legge in approvazione intende fermare disinformazione, discorsi d’odio, abusi vari e dipendenze digitali.

I giornalisti e i giornali non sono necessariamente avvantaggiati da tutto questo. Ma il giornalismo lo è.

Giornalismo

Il giornalismo è la disciplina che serve alla ricerca di informazioni su ciò che avviene seguendo un metodo che non garantisce la verità delle notizie, ma almeno la buona documentazione a sostegno delle notizie. Il giornalismo non è l’etica, ma l’epistemologia della ricerca di notizie, della costruzione della gerarchia delle notizie, della qualità del linguaggio e la proporzionalità dei giudizi con i quali si propongono al pubblico le notizie.

I giornalisti e i giornali non sempre si occupano di giornalismo, inteso in questo senso, purtroppo. Ed è un’autocritica che vale la pena di fare. Ma chi si occupa di giornalismo è nel momento giusto della storia. Perché di giornalismo c’è sempre più bisogno e di fronte non ci sono avversari invincibili.

Una fioritura di innovazioni si faranno strada man mano che le regole e le tendenze storiche apriranno gli spazi nell’ecosistema dei media alle iniziative che vogliono servire il pubblico con del buon giornalismo. 


Foto: “The Six Ws of Journalism and Police Investigations” by Image Editor is licensed under CC BY 2.0.

 

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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