Fatti notevoli, nel mondo del petrolio, ultimamente.
Alla Iea, l’agenzia che raccoglie le grandi aziende petrolifere, hanno pubblicato un rapporto che sembra suggerire un’alternativa terribile. O le compagnie smettono da quest’anno di cercare nuovi giacimenti di petrolio, o gli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale non saranno raggiunti. Il rapporto ha suscitato grandi controversie. Ma è articolato in modo che tutte le componenti della domanda e dell’offerta si sincronizzino per fare in modo che le emissioni di CO2 non superino l’ammontare che serve a restare sotto l’aumento della temperatura di un grado e mezzo. (IEA)
Alla Exxon, la madre di tutte le sorelle petrolifere, nel cda ci sono due nuovi membri convinti che l’abbandono della ricerca di nuovi giacimenti di petrolio da sfruttare sia necessario per la sopravvivenza stessa della compagnia nei prossimi vent’anni. (Reuters)
Un tribunale olandese ha condannato la Shell a ridurre le emissioni del 45% entro il 2030 rispetto al 2019. (BBC)
Molti altri gruppi petroliferi saranno indotti in un modo o nell’altro a smettere la loro strategia di aumentare la produzione ancora un po’ e colorare di finto verde la loro comunicazione. Le compagnie governate dagli stati europei in particolare potranno ancora permettersi di fare greenwashing? Oppure dovranno cominciare subito a smettere la ricerca di nuovi giacimenti, cessare di sprecare denaro per produrre più petrolio, quando la domanda deve diminuire per contenere le emissioni?
Le risposte arriveranno per forza. Ma da che cosa? C’è ancora chi dice che il mercato è il migliore sistema informativo che serve a guidare le scelte delle aziende. Ma è il mercato a suggerire queste decisioni? In realtà, il mercato sembra come minimo ambiguo: a breve termine si può dire che suggerisca di continuare a produrre petrolio, ma a lungo termine potrebbe essere invece vero il contrario. Il mercato, nel lungo termine, però, non è autosufficiente dal punto di vista della circolazione delle informazioni. Ha bisogno a sua volta di guida: politica, forse; sociale, spesso; culturale, fondamentalmente.
Propongo un’idea diversa. Il mercato trasmette informazioni immediate, ma la dinamica del mercato è contenuta in una logica più ampia. L’ecosistema, naturale e culturale, percepito come ecosistema mediatico, costituisce un quadro di feedback molto forte per tutte le scelte, nel lungo termine. In questa ipotesi, non è il mercato a guidare le scelte, ma la dinamica dell’evoluzione. Innovazioni, mutazioni, adattamenti, co-evoluzioni, esplorano il possibile e alla fine generano le scelte economiche di fondo. Se si sa leggere il feedback in anticipo si può adattare la struttura produttiva e sociale. Se non si riesce a leggere il feedback o non si riesce a decidere di conseguenza, l’ecosistema prende il sopravvento e si impone comunque sulla società.
Il mercato è un’importante feature di breve termine del fenomeno di più lungo termine, l’evoluzione. Il gioco dell’informazione di breve può essere quello della domanda e dell’offerta. Il gioco dell’informazione di lungo termine può essere quello delle azioni e dei feedback, dal quale emerge l’evoluzione della società nell’ecosistema.
Occorre una ricerca profonda per verificare la qualità di questo approccio. Ho consegnato all’editore un libro che se ne occupa. Dovrebbe uscire a settembre. Ma di certo la ricerca non sarà finita con quello. Anzi, accettando tutti i miei limiti, quel libro servirà tutt’al più ad accennarla.
Photo by Hulki Okan Tabak on Unsplash
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