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Polarizzazione nel lavoro. È un mega-trend. Nuove evidenze dalla Germania

«Di fronte alla doppia minaccia rappresentata dall’automazione e dal commercio internazionale, i lavoratori licenziati hanno due alternative chiare. Una è quella di tornare all’università per acquisire nuove competenze manageriali, professionali o tecniche o dare una rinfrescata a quelle che hanno già. Ciò richiede un investimento di tempo e denaro, che alla fine viene però ripagato da un salario più elevato e da una maggiore sicurezza sul lavoro. La seconda alternativa è quella di scendere a un livello inferiore della piramide salariale per svolgere impieghi di servizio come quello di agente di sicurezza, cameriere o autista, che richiedono meno credenziali in termini di istruzione ma per il momento sono immuni nei confronti dell’automazione» (Raghuram Rajan, IL terzo pilastro, Bocconi Editore 2019, p. 246).

La polarizzazione nel mondo del lavoro è il fenomeno più evidente che si osserva come conseguenza della grande trasformazione che avviene sulla scorta della digitalizzazione e della globalizzazione.

Uno studio condotto in Germania mostra la polarizzazione nel lungo termine. Ecco i risultati principali riportati da Manuela Barišić nel suo articolo “Labour Market Polarisation in Germany: Looking at the long-run patterns“:
«1. Il mercato del lavoro tedesco mostra un costante spostamento dell’occupazione dalle mansioni di routine e di media qualifica alle mansioni cognitive non routinarie e manuali non routinarie sia per gli uomini che per le donne.
2. Chi svolge attività con un più elevato contenuto di mansioni di routine è esposto a un maggiore rischio di disoccupazione sia a breve (dopo un anno) che a medio termine (cinque anni). Questa penalizzazione del lavoro è aumentata negli ultimi quattro decenni.
3. Più in generale, il lavoro di routine è associato a una minore stabilità dell’occupazione e a una maggiore probabilità di incorrere in periodi di disoccupazione.
4. I lavoratori più qualificati, con compiti di routine, sono in grado di trovare rapidamente un nuovo lavoro, mentre i meno qualificati lo sono meno».

Questa tendenza:
– aumenta la domanda potenziale di formazione
– aumenta la domanda di informazione sulle tendenze e le opportunità reali
– discrimina tra chi ha un approccio attivo al lavoro e chi ha un approccio passivo

Il fenomeno della polarizzazione porta a una separazione tra gruppi sociali che considerano il lavoro in modo molto diverso. C’è da una parte chi gioca da protagonista nell’economia della conoscenza e considera il lavoro come una vera e propria espressione della propria identità. De l’altra parte, c’è chi considera il lavoro solo come una specie di bancomat complicato (non basta sapere il pin e avere una tessera ma il senso delle operazioni che effettivamente si svolgono al lavoro non è tanto più profondo), il cui unico scopo è quello di arrivare al momento in cui vengono erogati dei soldi.

Può darsi che tutto questo sfoci in un ulteriore separazione: se c’è chi trova la sua identità nel lavoro e c’è chi la trova nel consumo, se si separano i “lavoratori” e i “consumatori”, se chi si identifica nel lavoro sta in alto nella gerarchia sociale e chi si identifica nel consumo si trova in basso, allora si formano anche tensioni sociali diverse. I lavoratori dell’economia della conoscenza vogliono un sistema efficiente, abilitante, produttivo, aperto, internazionale, innovativo: e se non lo trovano pensano anche di andarsene. I consumatori dell’economia della polarizzazione tendono a volere protezione, sconti, prezzi bassi, non necessariamente qualità, anche perché non hanno coltivato gli studi e il loro stile culturale… I media che servono i primi sono molto diversi da quelli che servono i secondi. La critica sociale dei primi diventa molto diversa dal lamento sociale dei secondi.

1 Commento

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Rispondi a La banalità dei media e il potere - Luca De Biase Cancel reply

  • […] Chi cresce in questa nuova cultura del lavoro però in un contesto polarizzato è solo una parte della popolazione. L’altra parte della popolazione resta confinata in un mondo nel quale il consumo è più importante e gratificante del lavoro. Probabilmente, in questo senso, i “lavoratori” oggi sono l’élite e i consumatori sono alla base della piramide sociale. (Si veda: Polarizzazione nel lavoro. È un mega-trend. Nuove evidenze dalla Germania). […]

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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