Il secondo millennio ci ha lasciato il grande regalo del Web, cioè l’illimitata e globale capacità di produrre, condividere e reperire informazione. E ci ha lasciato con una promessa: nel terzo millennio il Web sarebbe stato ‘semantico’, ovvero in grado di accogliere non solo ‘significanti’ come parole-chiave o immagini, ma anche ‘significati’, cioè simboli pienamente insigniti della loro interpretazione: riferimenti, concetti, relazioni, proposizioni. “Not strings, but things” come dicono con disarmante semplicità i geek della Silicon Valley. Sir Berners-Lee, inventore del Web, lo sogna da sempre: un gigantesco grafo di conoscenze, prodotto da una comunità globale e paritaria. Dati aperti e interconnessi da cui poter trarre le verità conoscibili.
Il terzo millennio, nel bene e nel male, è ormai avviato, ma il Web semantico manca all’appello.
Inutile cercarlo nel ‘Knowledge Graph’ di Google, o in quello che Facebook chiama ironicamente ‘Open Graph’. Quelli sono, è vero, reticoli di sensi, ma crescono dentro le alte mura delle loro Corporation, spinti dalla forza d’attrazione della socialità virtuale o dalla micidiale efficienza di algoritmi di ricerca sempre più intelligenti. Ciò che eleva stringhe significanti a pieni segni, cioè l’interpretazione, è arbitrio e business di singole imprese. Non è questo che i cavalieri della semantica internettista hanno in mente. Essi sognano la trasparente ubiquità dell’atto interpretativo, e con essa lo stabilirsi di un pensiero critico, democratico e planetario, basato sui dati.
Il successo delle moderne tecnologie dell’informazione è la sopravvivenza di questa utopia, in tutta la sua illuministica ingenuità. Troppo bene, e da troppo tempo, sappiamo che la parola si presta a tutto, con tutti e dappertutto, e che Hermes, il dio dei messaggi, è anche quello dell’inganno e del raggiro. Eppure, navigare tra i significati è necessario, e così come gli incerti dei mari non fermarono i fragili vascelli dei tempi antichi, l’ineffabilità dell’interpretazione non fermerà i nostri tentativi di fissarla in strutture intersoggettive, trasparenti e accessibili in rete. Come? Certo, continuando ad affinare il vecchio arnese della logica, ma soprattutto non stancandoci di ricercare, collettivamente, l’umana verità.
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