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Riflessioni dopo Morozov

Riflessioni dopo la serata con Evgeny Morozov. Un programma di innovazione politica deve esprimere contenuti che rispondono a un’agenda delle persone e non può limitarsi a chiedere più strumenti – per esempio più internet.

Se non si approfondiscono i fini, la richiesta di mezzi resta un programma a metà… Perché ogni strumento ha potenzialmente molte conseguenze e queste si gestiscono solo pensando al progetto reale che si ha in mente di realizzare.

Morozov mostra chiaramente come internet sia stata liberatoria in alcune occasioni, come la Tunisia, ma abbia aiutato moltissimo la dittatura nel caso della repressione autoritaria della protesta iraniana. Si vede che un regime autoritario che punti sulla censura perde perché internet offre mille possibilità per aggirarla. Ma si vede anche che un regime autoritario che punti sulla disinformazione, l’infiltrazione dei suoi agenti tra i dissidenti, la ricerca degli oppositori attraverso la rete, può vincere. Internet aiuta di più chi la sa usare meglio. Un programma che si concentri solo su dare più internet agli iraniani – e non faccia altro che questo – rischia di finire per aiutare il regime.

Questo significa che chiedere solo più internet è una premessa ma non apre solo a potenziali benefici. Se, per esempio, aiuta di più chi la sa usare meglio, allora rischia di aumentare le distanze sociali tra chi parte da uno stato culturale ed economico più avanzato e chi non è particolarmente avvezzo a usarla. E’ un rischio che non si può non tenere in conto: quindi se il tema politico fosse per esempio quello di una maggiore eguaglianza, allora si può trovare in internet uno strumento nel momento in cui si progettano seriamente azioni che fanno leva sulle caratteristiche della rete per ottenere quel fine. Il che è assolutamente possibile, pensando a quando si può fare in rete per l’educazione, il lancio di start up, la facilitazione a trovare lavoro, l’incentivo alla collaborazione e allo spirito di comunità e la trasparenza nelle informazioni che riguardano i potenti, i protetti e i malfattori.

Se invece si mette più internet in un mondo dominato da malavita, evasori fiscali e prepotenti di ogni genere, in un mondo nel quale si spende sempre meno denaro e attenzione per l’educazione, si pensa che l’unica soddisfazione sia nel consumo, si rischia di aumentare e non diminuire la disuguaglianza.

Quindi internet è una meravigliosa macchina delle opportunità. Ma per coglierle occorre attenzione per una cultura profonda, una politica sincera, un’economia intelligente. Per una progettazione pensata. Pensieri ingenui, forse, ma non troppo.

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  • Condivido, internet non è il fine e nemmeno il cuore o il cervello, ma solo il mezzo, potente, amplificatore, efficace ma sempre solo il mezzo … la primavera araba non l’ha fatta internet ma i giovani di quei paesi che usando internet hanno amplificato il messaggio … è come la storia del vento … se non si sa dove andare conoscere intensità e direzione del vento è del tutto inutile …
    _E_

  • Gran bella riflessione, io sono d’accordo sul potenziale rivoluzionario della Rete…ma con consapevolezza! Mi colpisce in particolare il punto in cui sottolinea il pericolo di aumento delle distanze sociali.
    Mi auguro che opinion leader, blogger e giornalisti focalizzino maggiormente l’attenzione su questi aspetti, affinchè venga favorita una presa di coscienza collettiva, matura e profonda rispetto a questa “meravigliosa macchina delle opportunità”.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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