La logica delle piattaforme di sharing è piuttosto differenziata ma secondo alcuni converge su piattaforme che favoriscono chi intenda condividere “capitale umano” o “macchine e proprietà” in modo da estrarne un reddito. Più quelle piattaforme intervengono per governare l’incontro di chi offre e chi domanda, più diventano “datori di lavoro” in stile “fronte del porto”: lo fanno in modo diverso, per esempio, BlaBlaCar e Uber, sicché l’una appare ancora come “sharing” l’altra sembra piuttosto “sfruttamento”. Nella versione “sfruttamento”, i rischi sono tutti sulle spalle di chi lavora e chi consuma, mentre tutti i vantaggi sono per i possessori di azioni della piattaforma. Si dovrebbe cessare di chiamarla sharing economy e passare al più corretto concetto di “on demand economy”.
Ma un nuovo concetto emerge. Platform cooperativism invece di mettere l’accento sulla condivisione di “patrimonio” si concentra sulla condivisione di sistemi decisionali e informativi per lavorare. Si coopera meglio sviluppando mutualisticamente anche la piattaforma. Si tratta di MediaCivici applicati al lavoro. Sarà un po’ più difficile da comprendere. Ma può portare più lontano. E può essere applicato anche da imprese e organizzazioni che fanno già un loro mestiere per innovare socialmente il loro ruolo come suggeriscono alla LegaCoop. Vanni Rinaldi, responsabile innovazione a LegaCoop, dice: «Oggi digitalizzare le cooperative creando così delle vere piattaforme digitali che consentano di avere una sharing economy democratica di nostra proprietà, significa però digitalizzare i soci rendendoli consapevoli della necessità di avere il controllo non solo delle piattaforme che utilizzano ma anche della propria identità valoriale quando si è in rete».
Ne ha parlato Guido Smorto in un pezzo tutto assolutamente da leggere. Ne parla Trebor Schloz in un grande pezzo nel quale compara sharing e cooperativism. Si possono fare piattaforme cooperative prendendo il meglio di quelle capitalistiche e riconfigurandole in modo che lavorino per chi lavora e non per chi sfrutta il lavoro, trattando i dati in modo più trasparente e democratico, gestendo la domanda e offerta in modo da sviluppare il mercato e non controllare il prezzo, e così via.
Invece di produrre una piattaforma per condividere asset preesistenti, si condivide la piattaforma per produrre valore nuovo.
Vedi:
Cooperativismo de plataforma
Vedi anche:
Quanto si guadagna con Uber? Una stima
Pratiche anticompetitive di Uber
Sull’uberizzazione del lavoro e il “digital labor”
Uber, on demand economy: asimmetrie informative e controllo dei lavoratori
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