Juan Carlos de Martin ha scritto un grande pezzo sul potere all’epoca di internet: Sarà la forza delle democrazie a plasmare il futuro di Internet (Stampa). Consente di vedere come la democrazia coevolva con la struttura della rete. Non si interpreta il mondo attuale affidandosi all’oggettività dei fenomeni tecnologici o delle logiche finanziarie o delle dinamiche delle “guerre” al terrorismo. C’è anche lo spazio del dibattito civico. Anche se appare schiacciato. E per tornare a vederlo crescere occorre una consapevolezza civica che è contrastata proprio dai fautori dell’oggettivismo tecnico, finanziario e bellico. Aiutati da storyteller politici e pubblicitari.
La faccenda si fa complicata: il codice del sistema giuridico e il codice del sistema informatico governano insieme, ma seguendo logiche e velocità diverse, la vita quotidiana. E la velocità conta molto. Chi scrive gli algoritmi che gestiscono l’infinità di informazioni che si registrano e circolano in rete assume un potere superiore a quello dei comuni cittadini e poiché è spesso pagato dalle aziende che hanno costruito la grande asimmetria dell’informazione che si è sviluppata sulle grandi piattaforme, quel potere non è equilibrato da un altro potere. Intanto, la cittadinanza prosegue con i suoi tempi.
Tra i diritti strategici, in questo contesto, stanno scritti nella Dichiarazione dei diritti in internet della Camera dei Deputati italiana: la neutralità della rete, l’interoperabilità delle piattaforme anche private che l’effetto-rete ha reso indispensabili, l’obbligo per chi legifera sulla rete a tenere in considerazione le dinamiche dell’ecosistema dell’innovazione e non soltanto i suoi aspetti parziali. Sono diritti che in qualche misura appaiono specifici per l’infosfera e si affiancano ai diritti più legati alla persona. Funzionano sulla base di alcuni assunti fondamentali: che gli innovatori capaci di scrivere codice prima o poi usino il loro potere in funzione di bilanciamento del potere delle strutture che oggi ne hanno così tanto; che i cittadini possano e vogliano riappropriarsi delle loro caratteristiche identitarie, come il loro profilo digitale, in funzione di usarlo online in strutture interoperabili; che gli stati sappiano evolvere la loro capacità normativa adattandosi al sistema complesso e non lineare tipico dell’infosfera. Si tratta dunque di diritti strategici che hanno bisogno di una cultura sottostante molto consapevole. Perché questo avvenga occorre combattere ogni cedimento dello spazio di libertà, ma anche cominciare a lottare per una redistribuzione della conoscenza e, infine, garantire lo spazio di crescita alle forme di autogoverno e di solidarietà fattiva che si stanno sviluppando nel vasto mare dell’innovazione sociale: libertà, eguaglianza e fraternità hanno una nuova declinazione nell’infosfera, ma sono sempre i valori che possono aggregare i cittadini e spingerli a mantenere sotto pressione i poteri.
Ma una rivoluzione richiede un’elaborazione intellettuale e non soltanto una spinta al cambiamento: altrimenti è soltanto una rivolta. O un’illusione.
– Nell’illustrazione le giornate del 18 e 19 Brumaio, anno VIII, colpo di stato di Napoleone
Per ogni costituzione c’è un’ epopea
Così oggi è iniziato, con l’approvazione in consiglio provinciale della legge 3 per l’istituzione della Consulta, il lungo percorso che porterà il Trentino a avere una nuova Costituzione (Statuto) come prevede l’articolo 123 del Titolo V della Costituzione italiana. L’augurio è che molti di noi trentini proveranno a capire, a informarsi e anche a partecipare. Partecipare pare sia un parola molto di moda in questo periodo tanto che anche la legge 3 dedica alla partecipazione un intero articolo (il quinto) della legge. Ma il processo partecipativo vale, e comunque sempre solo per chi come me non crede alla democrazia diretta, se non è accompagnato da un progetto culturale, di conoscenza e di narrazione intensa di tutto ciò per cui si partecipa. La legge 3 ben lo ricorda proponendo momenti di conoscenza e di formazione. Sono questi i momenti deliberativi che i teorici della democrazia deliberativa ritengono fondamentali affinché la partecipazione della comunità abbia senso. Talmente senso che la democrazia diretta come auspico può ancora aspettare a lungo e permettere alla democrazia rappresentativa di fare bene il compito per cui è nata. Scriveva Robert Cover: “Non esiste complesso di istituzioni o prescrizioni legali indipendentemente dalle narrazioni che lo collocano e gli conferiscono significato. Per ogni costituzione c’è un’ epopea, per ogni decalogo una scrittura. Una volta che lo si intenda nel contesto delle narrazioni che gli conferiscono significato, il diritto diventa non soltanto un sistema di norme da osservare, ma un mondo in cui vivere.”
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