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Fuffa e manipolazione. Esperimenti di Facebook sugli utenti, tipo: “se ti selezioniamo solo i post degli amici contenti tu sei più contento?”

Che cosa succede se vediamo che gli amici e i conoscenti sono contenti? Proviamo invidia o siamo contenti anche noi? Secondo uno studio condotto su oltre 600 mila persone per una settimana, è probabile che se vediamo che gli altri sono contenti, anche noi lo siamo. E viceversa. La felicità e la gioia sono contagiose. Come la depressione e la noia.

Ma come è stato fatto questo studio? Manipolando i post che oltre 600 mila persone trovavano su Facebook. Stupisce un po’, ma a quanto pare Facebook ha condotto uno studio sugli utenti modificando per via algoritmica il genere di post che ricevevano per vedere l’effetto che faceva su di loro: se facevano vedere prevalentemente post contenti gli utenti diventavano più contenti; se facevano vedere solo post depressi gli utenti diventavano depressi (Forbes e AnimalNY). E i ricercatori hanno pubblicato un paper intitolato “Experimental evidence of massive-scale emotional contagion through social networks” che riporta i risultati del loro lavoro:

We show, via a massive (N = 689,003) experiment on Facebook, that emotional states can be transferred to others via emotional contagion, leading people to experience the same emotions without their awareness. We provide experimental evidence that emotional contagion occurs without direct interaction between people (exposure to a friend expressing an emotion is sufficient), and in the complete absence of nonverbal cues.

Uno degli autori, Adam Kramer, data scientist, spiega come essere a Facebook sia una fortuna per uno che voglia fare ricerca sulle emozioni collettive.

A quanto pare nessuno dei ricercatori si è posto il problema etico di manipolare le pagine che gli utenti vedono su Facebook senza avvertirli per studiare le loro reazioni e pubblicare un paper. Ovviamente i termini e condizioni di Facebook consentono tutto questo. Basta saperlo.

Ma la conseguenza di questo studio è anche un’altra. Con internet diventa abbastanza semplice inventare nuove forme di manipolazione della visione del mondo delle popolazioni. La televisione resta ancora la regina della manipolazione, evidentemente, ma internet comincia a essere usato in questo senso e può diventare piuttosto efficace (cfr: Agenda setting e altre forme di design della mente, per così dire, per via mediatica, con il famoso caso ricostruito da Ilvo Diamanti da non dimenticare mai sulla televisione e la sensazione di insicurezza degli italiani negli anni attorno al 2006-2007; cfr. Credimi!). Questo funziona tanto meglio quanto più l’attenzione e il traffico su internet si concentra sulle piattaforme giganti e quanto meno è distribuito tra molte modalità di utilizzo e partecipazione. Evidentemente questo è un altro motivo per considerare la net neutrality una garanzia fondamentale per i diritti degli utenti: almeno se qualcosa non va si può tentare di realizzare una soluzione alternativa. Ma la manipolazione via internet funziona anche per settori abbastanza di nicchie e su piattaforme meno gigantesche ma ben studiate per gestire messaggi a una direzione.

C’è anche, insomma, una conseguenza di merito: le emozioni sono contagiose e se i messaggi sono omogenei ci muoviamo in gruppo. Soprattutto quando abbiamo poca consapevolezza delle motivazioni possibilmente manipolatorie dei messaggi positivi o negativi che riceviamo.

Essere consapevoli operando sui media è una condizione di libertà. La fuffa emozionante è manipolatoria. I maestri del tifo sono manipolatori. La conseguenza che generano è che probabilmente una parte dei loro seguaci abbassano il livello del senso critico. Se abbassano il senso critico possono anche finire col compiere scelte sbagliate. Un ambiente gestito per alimentare un entusiasmo senza critica è un ambiente nel quale aumentano le probabilità di truffe e disillusioni. La cosa è più concreta di quanto sembri. Ci sono mille esempi di sette, comunità chiuse, sistemi per approfittare della debolezza dei singoli ma anche della forza di trascinamento dei gruppi: il contagio delle emozioni è un fenomeno ormai chiaro e alimenta precise tecniche di manipolazione.

È successo all’epoca della bolla delle dot.com. Tutti entusiasti. Molte persone hanno perso il senso critico. Tantissimi sono restati col cerino in mano.

Sta succedendo anche nella piccola bolla delle startup in Italia? Certo di qualche imbroglio si comincia a sentir parlare. E non stupisce che avvenga proprio negli ambienti che meglio gestiscono la generazione di entusiasmo, anche a scapito del senso critico e della competenza.

Come all’epoca delle dot.com la bolla non era causata da internet ma da chi approfittava della credulità della gente, così oggi i problemi non sono certo delle startup, ma di chi approfitta della debolezza degli altri.

Un sistema mediatico scoraggiante e tale da generare solo scetticismo è altrettanto negativo e in certi casi anche di più.

Occorre un’ecologia dei media. Alla ricerca di un equilibrio. Senza paura dell’apparente impopolarità di chi non segue acriticamente il gruppo ma con il coraggio di sviluppare progetti sensati.

Spesso negli ambienti in cui si coltiva la visione critica l’entusiasmo diminuisce e i numeri che segnalano l’attenzione delle persone si abbassano. Nel breve periodo. Ma nel lungo termine valgono di più. Può essere noioso cercare di entrare per esempio in un acceleratore professionale per sviluppare la startup, ma è anche così che si costruisce un’impresa. Occorre imparare tanto. E soprattutto saper distinguere, dentro e fuori di sé, tra la fuffa e i fatti. Il senso critico si apprende con l’esperienza. E facendo esperienza l’entusiasmo si rafforza con il feedback che arriva dai fatti e non solo dalle parole di chi ci incoraggia. Il senso critico, empirico, non è solo un crap detector per non prendere cantonate: è anche uno strumento per coltivare una gioia più profonda, che non dipende solo dal contagio degli altri, che nasce soprattutto da noi stessi in relazione ai nostri progetti e alle capacità che acquistiamo per realizzarli.

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  • Articolo fondamentale che spiega brevemente ed in modo veloce cosa sta succedendo.
    La bolla delle Private Military Companies segue lo stesso terribile filone. L’america adula la Morte con il WTC memorial non sapendo che tra loro sono tra gli altri anche seppellitti i terroristi o coloro che cosi sono stati etichettati. L’assenza di senso critico nell’opinione pubblica è il virus più pericoloso che è attivo e diffuso nel Mondo. In Italia l’Opinione Pubblica è a livelli bassissimi di capacità critica quasi pari a quelli di Stati Uniti e Messico.

    La bolla della sicurezza, come se gli umani fossero perfetti è una moda che si contribuisce ogni giorno ad allargare, è una bolla che frutta miliardi e miliardi a compagnie e governi che fanno affari su armi armamenti contractors di ogni tipo dalla benzina, all’acqua alle bombe e molto molto altro, equipaggiamenti dalla cordura alle munizioni …

    Di questo purtroppo gli altri, non sanno niente. Io li chiamo gli altri, si, perché mi chiamo fuori dalla massa che segue solo mode.

    Adesso c’è la moda del Vietato fare i botti a capo d’anno … senza pensare che non è per vecchi e cani (che tra l’altro usiamo come una commdity in tempi moderni al posto di lasciarli liberi) ma è collegata alla sicurezza, l’ALARM CULTURE che da mesi e anni si sta spandendo grazie a False Flag e quant’altro anche in ITalia… e soprattutto in Francia e Germania.

    L’interesse a rendere l’Europa un campo di battaglia è altissimo perché l’establishment NATOUSA ci guadagnerebbe tantissimo…

    Purtroppo non è facile per me speigare in due parole cosa succede e il vostro post ad ogni modo spiega bene cosa sia e quanto sia dannosa l’assenza di critical thinking che oggi permea una marea di persone … le masse … ed è così difficile relazionarmi con queste persone che pensano solo al proprio lavoro o al proprio ozio invece di essere formate su questi aspetti e continuare a coltivare queste acapacità fondamentali Umane.

    Salve!

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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