Mauro Carbone, filosofo, ha aperto una riflessione sul senso degli schermi nell’estetica, la teoria della percezione. Magnifico approccio, quello di Carbone, grazie al quale, a ogni passaggio della riflessione, la discussione sulla tecnologia eccede la tecnica per diventare discussione sull’umano. Gli schermi mostrano e nascondono, informano su ciò che si vede e alimentano l’immaginazione di ciò che non si vede. Mettono l’esperienza umana di fronte alla riflessione su sé stessa. Dirlo è liberatorio, mi sembra. E per di più richiama una libertà che non richiede necessariamente uno sforzo razionale, ma può avvenire per impegno artistico, o per esperienza emozionale. Nei suoi studi attuali tenta di aumentare l’analisi tenendo conto non solo della “genealogia” degli schermi che mostrano immagini, ma anche alla “genealogia” degli schermi che mostrano e consentono di interagire con dati. Un riflesso della sua attività è riassunto su Wikipedia. Tra l’altro Carbone aiuta a leggere la continuità e la trasformazione delle tecnologie della rappresentazione nei mondi analogici e digitali: l’atteggiamento è più quello di chi riconosce il passo dell’evoluzione e meno quello di chi scrive l’elegia della rivoluzione. E l’evoluzione avviene nell’esplorazione del possibile. Alla conferenza di Vivre par(mi) les écrans l’esplorazione della relazione tra gli umani e le loro tecnologie degli schermi avviata da Carbone diventa l’impegno di una comunità di studiosi. Le sue conseguenze sono rilevanti. L’equilibrio tra la funzione di informare e quella di alimentare l’immaginazione si trova nell’educazione delle persone o nella progettazione delle tecnologie? La responsabilità è condivisa. Ma gli avanzamenti avvengono, probabilmente, soltanto se migliora il dialogo tra chi progetta le tecnologie e chi riflette sugli umani che le usano.
Appunti sul mio contributo: The challenge of context. Media Ecology is the message (ita, eng, fre)
In breve.
- La media ecology è un approccio a questo problema che consente di leggere i singoli fatti e le singole tecnologie nelle loro relazioni con l’insieme
- L’autobiografia è scritta dal gesto cosciente della persona e dalla produzione funzionale di informazione della sua protesi digitale. Il che diventa l’esperienza della condizione dell’individuo che apprende a essere “dividuo”, a vivere la pluralità delle dimensioni della sua esistenza
- Nel contesto digitale tutto ciò che diventa informazione diventa esperienza mediata, quindi in parte influenzata dalla qualità della progettazione dei media, dunque dal sistema di valori di chi progetta
- La traiettoria avviata in un’epoca in cui la progettazione della tecnologia sembrava guidata da una sorta di narrativa indiscutibile, fatta di finanza e progresso, poteva essere descritta come rivoluzione; ma oggi di fronte alle contraddizioni emergenti delle dinamiche avviate sembra ormai deviare verso una descrizione che fa riferimento alla nozione di evoluzione
- L’evoluzione è una storia multidimensionale fatta di avvenimenti, congiunture e strutture, strade evolutive alternative, mutazioni e adattamenti, nella quale il contributo della persona è guidato dal contesto ma forse liberato dalla capacità narrativa. La narrativa ecologica può essere il nuovo contesto nel quale cercare una liberazione
Non è una storia già scritta.
Update.
Alice Lenay. I video di reazione. Analisi di chi vede ed è visto nel video che costruisce intorno a ciò che viene mostrato in un altro video.
Mark Hansen. Gli umani hanno il privilegio di pensare a quello che fanno. Indaga sulla conoscenza generata da processi cognitivi non coscienti. Tecnologie cognitive che supportano la produzione di conoscenza, in diversi stati di coscienza. Entrano in gioco i “sentimenti” una sorta di incursione delle esperienze passate nella vita presente. Tecnologie generano proposizioni sul futuro delle tecnologie, attraverso processi cognitivi che avvengono nella dimensione delle emozioni.
(Una discussione a margine sulla nozione di individuo. Mauro Carbone osserva che “individuo” pone la persona come un’entità non divisibile, mentre l’esperienza nel mondo digitale propone piuttosto un’idea di “dividuo”. Hansen risponde che il processo è complesso e si mostra d’accordo con Carbone. Mi domando se questa divisibilità della persona come esperienza corrisponde alla critica della sua unitarietà come entità: la pluralità delle dimensioni nelle quali la persona è chiamata a fare l’esperienza della propria autobiografia potrebbe essere una pragmatica sintesi?)
Bernard Dionysius Georghegan. Lo schermo del radar che raccoglie dati per attività per nulla somiglianti a uno scambio di messaggi tra persone. Base degli schermi interattivi che si usano oggi. Come un sistema di feedback costruisce la realtà nella quale si percepisce di vivere? I computer non vedono il mondo come gli umani, ma come un insieme di punti, linee, vettori e relazioni tra essi. Gli umani vedono nello stesso modo nel mezzo del mare e nel mezzo del cielo, quando vedono solo linee di orizzonte e informazioni per navigare. Quando navigano, quello che gli umani vedono è totalmente computazionale. Riarticolano lo spazio in termini di punti e linee. Compiendo un salto importante, i film della Pixar sono fatti di personaggi che derivano da punti e linee e algoritmi. La storia raccontata da Georghegan è particolarmente interessante perché unisce i sistemi di calcolo analogici e quelli elettronici. Il pensiero quantitativo è un contenitore culturale di diverse tecnologie.
(Viene da dire che quello che gli umani vedono in mezzo al mare o nel cielo è l’esperienza accumulata da tutti gli umani che hanno già percorso le stesse rotte e che le hanno registrate in dati e calcoli, producendo strumenti per connettere quelle memorie alla realtà percepita dal navigante in quel presente)
Un intervento di Andrea Pinotti a commento fa venire in mente che matematica è forse proprio la struttura della quale è fatta la natura anche se la natura non lo sa. Insomma, si torna a una bella domanda: la matematica della natura è scritta dagli umani o scoperta dagli umani? Va ricordato che neppure gli umani sono molto informati su tutto questo, visto che un quarto degli americani non sa dire se sia la Terra che gira intorno al Sole o il Sole che gira intorno alla Terra secondo una ricerca (del 2014) della National Science Foundation. Nel frattempo, grazie a una domanda, si riconosce che anche l’umana modalità di “conoscere” il futuro può essere raccontata a partire da punti e linee e matematica. Non stupisce che questa quantificazione dello spazio e del tempo sia fondamentalmente spinta dalle esigenze militari e commerciali, a quanto pare.
Giovanna Borradori. Il digitale non è nato con la pandemia. La pandemia l’ha diffuso molto. È una colonizzazione della vita. È una mummificazione digitale delle persone.
Olivier Aïm. Michel Foucault ha fondato un’interpretazione della società della sorveglianza, contro l’interpretazione della società dello spettacolo. I mestieri della comunicazione e delle relazioni pubbliche si sono trasformati in mestieri della sorveglianza della reputazione. In quel contesto si cerca di anticipare la crisi o la discussione della reputazione “giocando la carta della trasparenza”. Quindi la sorveglianza diventa una retorica strumentale alla qualità della reputazione.
(Viene da ricordare lo slogan di Dave Eggers nel Circle “Secrets are lies, sharing is caring, privacy is theft.”)
Graziano Lingua. Trasparenza è un concetto ambiguo. La rivoluzione numerica ha modificato trasparenza. E dunque analizziamo gli slogan di Eggers. Se i segreti sono menzogne, ciò che non è segreto è vero? La trasparenza è garanzia di verità? Il visibile è vero. È un errore di interpretazione dell’immagine: non conosciamo solo con la vista, ma con la complessità del nostro corpo nella complessità della realtà.
Streaming:
jeudi 28 avril 2022 après-midi, https://youtu.be/ZKPHUx7gkhU
foto: tadzio marion roche et des tanneries cac amilly
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