Uno studio di Rand mostra come l’esperienza della scuola a distanza sia destinata a permanere, in certi casi, negli Stati Uniti: Remote Learning Is Here to Stay. Il New York Times ha condotto un’inchiesta che mostra come molte scuole si stiano preparando a realizzare programmi da svolgere a distanza per il pubblico che li richiede: talvolta sono famiglie con figli disabili, altre volte sono famiglie preoccupate per la sicurezza dei figli che vanno a scuola in distretti potenzialmente violenti. In tutti i casi si osserva un peggioramento del rendimento scolastico degli alunni con la scuola a distanza (NYTimes).
Di sicuro, le soluzioni improvvisate che sono state adottate per rispondere ai lock-down hanno fatto uso delle potenzialità della tecnologia limitatamente alla possibilità che offrono di fare scuola a distanza. In generale, il risultato è scarso. Ma il fatto che esistano famiglie contente di questa soluzione apre il ragionamento. Dall’esperienza fatta non si trae una conclusione unica e valida per tutti. Ma una conseguenza generale è piuttosto istruttiva: la scuola si può riprogettare e vale la pena di pensarci seriamente.
I destini della scuola digitale si sdoppiano: le soluzioni banali, con la trasposizione delle lezioni frontali su piattaforme generiche, può essere fondamentalmente abbandonata; le soluzioni pensate, progettate, possono essere rilanciate.
È chiaro che la scuola in presenza è la soluzione migliore nella maggior parte dei casi. Si è scoperto che le piattaforme digitali attuali sono adatte a operazioni di routine, ma non a momenti creativi. E nella scuola i ragazzi devono e possono vivere sempre a livello di esperienza creativa: perché è l’educazione è una trasformazione culturale che libera le energie creative di ciascuno. Questo si fa meglio insieme, in classe, con gli altri. Si può però sempre ricordare che oltre all’educazione, a scuola si fa anche istruzione: cioè apprendimento di nozioni specifiche. E queste se ben congegnate possono addirittura essere più divertenti a distanza con il computer. Una scuola ibrida è possibile ma va progettata.
Del resto, il digitale è adatto anche a rispondere a esigenze specifiche con un servizio personalizzato. Questo indubbiamente si può progettare.
Infine, strategicamente, la scuola tenderà fatalmente a essere un servizio destinato non solo ai primi anni di vita. In una società che attraversa una grande trasformazione, l’apprendimento diventa parte integrante dell’attività professionale per tutta la vita. La scuola per tutta la vita non si può fare se non usando la tecnologia in modo importante, coinvolgente, pragmatico, intelligente, sfidante, facile da usare. Certo, come sempre, prima della tecnologia deve esserci un pensiero progettuale ampio e culturalmente significativo.
A questa attività si potrebbero dedicare le istituzioni che hanno da sempre pensato all’educazione per tutta la vita: musei, biblioteche, archivi, che insieme alle università e alle scuole possono creare una nuova serie di opportunità su piattaforme di qualità tutte da progettare per il cosiddetto lifelong learning. Ci riusciranno pensando alla comunità che servono, superando i limiti tecnologici del loro passato, immaginando il loro significato nel futuro, e garantendo la qualità mentre abilitano la loro comunità a contribuire con i contenuti formativi necessari. Questa, ci si può scommettere, può essere la prossima grande innovazione digitale.
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