Un convegno di Centromarca su “Nuovi paradigmi di relazione con i Media” al Corriere della Sera. Un tempo sarebbe stato tutto sulla pubblicità.
Che altro ci dovrebbe essere nelle relazioni tra marche e media se non la pubblicità?
Oggi si è parlato di internet, di crisi dei giornali, di diminuzione della pubblicità, di televisione, di consumatori, di cittadini…
Ferruccio de Bortoli ha detto che i problemi delle marche gli sembrano molto simili a quelli delle testate. Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, ha dichiarato una forte disponibilità culturale a cambiare. Monica Fabris (presidente di Gpf-Reti), Fiorella Passoni (general manager di Edelman Italia), Marco Gambaro (docente di Economia dei media all’università degli studi di Milano), Franco Perugia (consulente di MS&L Italia) hanno mostrato come si stiano sfuocando i concetti tradizionali di consumatori e lettori, cittadini e persone, tendenze socio-culturali e movimenti di opinione. Hanno parlato di “conversazione”. Hanno detto che non è più “personalizzazione” ma “socializzazione” dei contenuti. Hanno detto che non è più “multimedialità” ma “crossmedialità”.
E poi la tavola rotonda ha portato l’accento sull’urgente di bisogno di concretezza, nell’apertura a tutte le nuove idee. Alessandro Di Pietro, Oscar Giannino, Daniele Manca, Vera Montanari, Giorgio Mulè, Andrea Vianello. Trasparenza, qualità, indipendenza, servizio al pubblico, informazione e democrazia…
Insomma, una quantità di discorsi fondamentalmente giusti. Con le parole giuste. Pure troppo. Evidentemente la crisi si fa sentire e costringe a parlare con lingua dritta.
Ora. Che si fa? Quello che è urgente non è necessariamente quello che è importante. Le scelte che si fanno oggi contano per subito e per il lungo termine. Perché dalla crisi si uscirà prima o poi. Ma per uscire migliori, e non peggiori, bisogna pensare anche al dopo, non solo al subito. Banale, ovvio, difficilissimo.
Fino a che le decisioni sono prese con la testa piena delle paure per il prossimo bilancio trimestrale, con l’idea che “primo non sbagliare”, con la mente bloccata intorno a quello che si pensa non si possa fare invece che a quello che si può fare… ci si lascia dominare dalla tattica e si perde la strategia.
Inventare un’organizzazione per ritrovare il senso delle marche e delle testate nell’epoca della conoscenza significa unire alla gestione anche la sperimentazione: una struttura generatrice di senso fa ricerca oltre che produzione. Il futuro è quello che costruiamo. E già che ci siamo, costruiamolo migliore.
Ricordo quella dell’anno scorso, quando ancora c’era Andrea Illy presidente, tutto era concentrato nel valore aggiunto del Corporate Social Responsability.
Marketing come modalità d’azione volevano fosse abolito dal dizionario per l’avvicendamento in Branding. Mi colpì molto questa retinenza verso la disciplina e i misfatti per distanziarsene. Ormai le grandi marche, apparte le leader di referenza sono sempre più nelle tenaglie della GDO. Per loro il problema di scaffale è sicuramente più critico dei budget da investire.