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Ma perché l’iva al 21% sulle transazioni digitali?

Come si sa l’iva è al 4% per i libri e i giornali cartacei e al 21% per gli stessi libri e giornali eventualmente venduti in digitale (un paio di riferimenti). Un codicillo dice che i libri venduti in supporto audio-magnetico per ipovedenti o non vedenti hanno l’iva al 4%.

Una misura interessante per rilanciare l’attività delle start-up che producono oggetti da vendere online potrebbe essere quella di rivedere l’iva in questo settore, nel senso di abbassarla?

Un argomento a favore di una forte politica a favore delle transazioni online si trova osservando che quando i pagamenti sono effettuati con carta di credito sono operati al momento dell’acquisto (dunque riducono ritardi e complesse procedure di riscossione) e sono meglio tracciabili (dunque tendono a ridurre l’evasione fiscale).

Vedi anche:
L’energia che serve per trasformare le liberalizzazioni in sviluppo
E allora l’agenda digitale

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  • Viene da pensare che l’incremento progressivo delle transazioni on line, unito alla sempre più stringente legislazione in materia di utilizzo dei contanti e di tracciabilità delle transazioni finanziarie siano un buon argomento per mantenere alta l’IVA in un ambito che prospetticamente garantirà un gettito sempre maggiore…
    Prevarrà l’interesse di cassa o quello di sviluppo? Anche su questo punto ci potranno essere interessanti spunti per giudicare l’azione di governo.

  • La diversa aliquota IVA per le attività digitali è un freno all’innovazione. Specie nell’editoria.
    Quintarelli ne ha parlato sul suo blog, di fatto una copia digitale costa di più di una cartacea al giornale. Questo non porta a spingere sul digitale…
    Ma del resto lavori al Sole da una vita e queste cose le sai sicuramente meglio di me…

  • Tu qui elenchi i vantaggi innegabili dell’acquisto online e sono d’accordo che abbassare l’iva sugli acquisti online possa essere uno stimolo (come lo potrebbero essere tanti altri). Per correttezza però penso che vada fatta attenzione che l’acquisto online non è necessariamente una panacea per i mali attuali. Ad esempio l’e-commerce riduce i posti di lavoro (meno intermediari), riduce monopoli locali (accentrando il potere dei fornitori e venditori in mano di poche grandi aziende, il che di nuovo porta alla riduzione di posti di lavoro con l’eliminazione di produttori minori). Non sto dicendo che sia un male, anzi. Mi rendo però conto che a breve e lungo termine ci sono anche degli svantaggi in altri ambiti critici (come appunto l’occupazione) riducendo le probabilità che un governo sia propenso ad una simile manovra. (Poi che sia giusto o sbagliato farla è un altro paio di maniche.)

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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