Anche grazie al Festival del giornalismo il dibattito sull’informazione in Italia non è restato nella sfera del lamento autoreferenziale per estendersi a quella della sperimentazione e della costruzione. Nel 2010, tanto tanto tempo fa, il Festival aveva ospitato un contributo di chi scrive che raccontava di un nuovo giornalismo allo stato nascente. Chi abbia oggi la pazienza di rileggere gli appunti serviti a quello speech trova che lo spirito del Festival è sempre stato quello di proiettare in avanti la discussione. I problemi affrontati dai progetti degli innovatori hanno una durata diversa dalla messe di novità che si presentano di volta in volta all’attenzione. E la fioritura di forme assunte dal giornalismo, parallelamente alla esplosione delle piattaforme cone Google e Facebook, è una dinamica strutturale dell’innovazione che risponde alla concentrazione del potere con la ricerca di un assetto più libero. Monstrando la varietà delle idee costruttive che alimentano il futuro del giornalismo, il Festival continua a conquistare attenzione per la causa della qualità dell’informazione. Vasto programma, certo, come diranno i cinici. Ma un programma al quale vale la pena di dedicare la vita.
Ps. Per la prima volta non sono potuto andare a Perugia quest’anno per il Festival. Ho dovuto rinunciare a un panel e soprattutto a respirare l’atmosfera dei giorni del Festival. Spero di non ripetere l’esperienza dell’assenza.
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