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Il romanzo del potere. Il potere del romanzo. Giuliano da Empoli: Le Mage du Kremlin.

Lo chiamavano il “mago del Cremlino”. Il misterioso Vadim Baranov era stato regista e poi produttore di reality show televisivi prima di diventare l’eminenza grigia di Putin, lo Zar. Dopo le sue dimissioni da consigliere politico, le leggende su di lui si moltiplicano, ma nessuno riesce a distinguere il falso dal vero. Finché, una notte, confida la sua storia al narratore di questo libro…


Distinguere il falso dal vero in un romanzo è del tutto inutile. Ma questo è soltanto un romanzo? Del resto, questa è soltanto una recensione? Conosco Giuliano da Empoli da tanto tempo. L’ho seguito all’inizio di molti progetti. L’ho visto attraversare forti esperienze. L’ho accompagnato in inopinati distacchi. Sono orgoglioso di pensare alla nostra amicizia. Ma devo fare un passo indietro di fronte a questo libro che dimostra un tale gigantesco salto di qualità nell’importanza dello scrittore Giuliano da Empoli. Perché so da dove viene. Ma a questo punto non so proprio dove possa arrivare. Di sicuro molto lontano.


Giuliano da Empoli, Le Mage du Kremlin, Gallimard 2022. Non è soltanto il libro giusto al momento giusto. Lo è, certo. Ma è anche qualcosa di più. Secondo me è un piccolo capolavoro. Di un genere narrativo che non molla un centimetro al rigore saggistico: resta letteratura, commuove, crea un mondo; ma nello stesso tempo spiega e insegna.


  • Che cosa ha preparato l’invasione dell’Ucraina?
  • Quale storia si sta scrivendo in Russia?
  • È possibile conoscere il potere e restare liberi?

L’orizzontale immenso, il verticale mancante. La Russia è una terra troppo vasta per poter vivere senza un enorme potere centrale. I russi l’amano abbastanza da esserne consapevoli. E sopportano. La forza senza ipocrisie del suo potere centrale è semplicemente necessaria. Putin ha deciso di ricreare il potere centrale, dopo il breve periodo delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni che aveva arricchito qualcuno e distrutto l’insieme.

La politica come reality show. Baranov ha aiutato Putin inquadrando la politica in una narrazione semplice che i russi hanno riconosciuto come la propria storia. Gli argomenti erano banali: mettere ordine nel caos; salvare la madre Russia dall’invadenza americana; coltivare la forza di un popolo indomito, che sa soffrire per la patria; mettere insieme le moltissime anime di un paese dispersivo in un progetto comune. La Russia non è l’Occidente e non accetta le sue regole, ipocrite, fatte solo per salvaguardare il potere dei potenti. Il suo apporto culminerà nello show per l’inaugurazione delle olimpiadi di Sochi. Un trionfo. Finale.

Perché alla fine poi c’è l’Ucraina. Il racconto è semplice, ancora una volta. L’Ucraina aveva votato per restare dalla parte della madre Russia. Una rivoluzione voluta dagli americani l’ha riportata a forza verso Occidente. Prima o poi la Russia doveva mettere le cose a posto. Baranov è convinto che non sarà una vera e propria invasione. Basterà destabilizzare il regime uscito dalla rivoluzione pro-occidentale agendo sulle frange del paese. [A mia volta avevo visto con i miei occhi le celebrazioni per l’annessione della Crimea. Ne parlerò un’altra volta. O in un update di questo post. Ma di certo erano essenzialmente uno show. La partecipazione nella piazza Rossa non è stata davvero significativa. Ma lo show televisivo lo è stato eccome].

Il distacco autobiografico. Baranov non riconosce il posto dell’invasione nella sua narrazione. E si distacca dal potere con la stessa leggerezza con la quale vi si era trovato in mezzo. In fondo resta un poeta e questo lo salva, probabilmente. Sua figlia diventa l’unico vero centro della sua attenzione. Vive nella sua casa di famiglia piena di libri, densa dell’esperienza di generazioni al potere, ma l’unico raggio di luce che vede è quello che promana dalla bambina. Il futuro che immagina non ha senso. E non gli importa che ne abbia. Perché non è più lui che scrive il racconto. Ma il potere, quella macchina che nega i fatti, non è più il suo padrone: i piccoli fatti della vita quotidiana rendono liberi.

Il romanzo del potere. Il potere del romanzo. L’acume saggistico e gli sconfinamenti narrativi erano visibili in “Canton Express” e in altri libri di Giuliano da Empoli. Li ho letti, solidale con il suo impegno intellettuale. Ma con il genere letterario che ha scelto per il Mage, scritto direttamente in francese, Giuliano da Empoli ha liberato ulteriormente la sua capacità espressiva. Senza perdere la precisione saggistica. Forse è un genere nuovo. Di certo è un’esplorazione coraggiosa. Che spiega senza giustificarla la politica russa, ma soprattutto mette l’Europa di fronte alle sue debolezze. Il sequel è impossibile, ma la riscossa europea è necessaria.


Foto: “Kremlin” by larrywkoester is licensed under CC BY 2.0.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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