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La lista delle priorità è l’argomento politico prioritario

Il Financial Times è uscito con due pezzi che indicano l’importanza dei rischi che corre la democrazia americana:
Is America heading for civil war? – 31 maggio 2022
Hillary Clinton: ‘We are standing on the precipice of losing our democracy’ – 17 giugno 2022

In questi articoli, il Financial Times non attribuisce a qualche nemico esterno la crisi della democrazia americana, ma a dinamiche interne che conducono a pensare l’impensabile.

Il problema è quello di capire se anche in Europa e in Italia la democrazia corra rischi simili.


Lo scenario più agghiacciante è chiaro. Si tratta di uno scenario, naturalmente. Cioè della narrazione di una possibilità.

Una parte significativa dei cittadini americani acquista armi in nome del diritto costituzionale, profondamente introiettato nella cultura americana, che garantisce a tutti di difendersi da un governo illiberale. Il monopolio della violenza attribuito allo Stato è bilanciato da un’architettura distribuita dell’accesso alla possibilità di fare violenza. Una parte di cittadini americani è convinta che uno Stato illiberale, corrotto, debole, immorale sia la realtà che li governa, almeno quando al potere non c’è uno come Donald Trump. L’assalto al Parlamento per impedire il passaggio di consegne a Joe Biden, il 6 gennaio 2021, è una logica conseguenza di questa convinzione. La possibilità che ci siano altre elezioni con Donald Trump protagonista alimenta una certa attesa di rivincita. Ma una pentola di violenza bolle sul fuoco della società americana.

Gli americani che vivono nelle aree meno sviluppate sono quelli che più probabilmente sono pronti a commettere violenza contro i nemici politici. Si ritengono penalizzati dal potere. Non sembrano valutare l’importanza delle vittorie che la destra ha messo a segno nella conquista di quote di potere stabile in America. L’establishment, oggi, non è certo espressione solo della sinistra. Hillary Clinton fa notare nell’intervista sul Financial Times quanto sia più facile per i repubblicani vincere le elezioni che per i democratici, a causa della struttura del sistema elettorale ingegnerizzato da logiche favorevoli alla destra: il voto popolare ha dato 3 milioni di voti in più a Clinton contro Trump, ma la struttura dei voti elettorali ha fatto vincere Trump; il voto popolare ha dato 7 milioni di voti in più a Biden contro Trump, ma la struttura dei voti elettorali ha dato a Biden una vittoria risicatissima. Qualsiasi strategia che mette in difficoltà il voto nelle aree democratiche degli stati repubblicani è applicata e non perseguibile. E questo è un problema evidente della democrazia. Ma c’è molto di più. Il potere della destra più estrema ha già conquistato la Corte Suprema. Le riforme anti-abortiste che ha già avviato sono tali da poter suscitare forti reazioni nelle società americane. È possibile che sotto un governo di destra quelle riforme vengano effettivamente adottate e che suscitino proteste. È possibile che quelle proteste vengano represse. Anche con violenza. Suscitando una recrudescenza di proteste. E avviando – purtroppo non è impossibile – una logica autoritaria.

I democratici devono darsi come priorità di vincere le prossime elezioni per impedire questo sviluppo. Ma molti di loro sembrano intenti a discutere di questioni legate al linguaggio politically correct e di altri temi che rischiano di non essere del tutto importanti per la maggioranza degli americani. Se non avessero sviluppato loro stessi questi dibattiti, la destra li avrebbe inventati per spingere i democratici a occuparsi di questioni relativamente meno coinvolgenti per la maggioranza degli americani del tema della possibile prossima recessione economica?

In tutto il mondo, gli stati autoritari si stanno prendendo il potere. La Russia dichiara esplicitamente di volerli rappresentare contro lo strapotere americano. E prende in giro l’Europa che ha rinunciato alla sua sovranità per darsi all’America. Tanto da accettare di andare in crisi economica pur di obbedire al potente alleato. Ma il problema non è soltanto la tenuta dell’economia: è anche quello della tenuta della democrazia.

In Europa, in alcuni paesi, la destra estrema sta avanzando. Chi pone questo fenomeno in relazione alla disinformazione di origine russa o autoctona può avere qualche ragione. Ma evidentemente la destra avanza se trova un vuoto ideale della sinistra, se le condizioni economiche dei ceti meno fortunati peggiorano, se si possono attribuire le colpe all’immigrazione, alla corruzione dei costumi, a chissà quale altro valore attribuito alla sinistra. Quando la destra vincesse in un grande paese, come la Francia o l’Italia, si può immaginare che cosa succederebbe. Alcune leggi di bandiera, contro l’aborto o l’omosessualità, potrebbero indurre proteste che il governo di destra non faticherebbe a reprimere. Generando forse proteste maggiori. O magari qualche violenza, più o meno provocata. Interventi mirati contro gli immigrati potrebbero alimentare questo clima violento e generare violenze popolari ancora più evidenti. Seguirebbero leggi autoritarie. Cambiamenti ai vertici delle forze dell’ordine e decisione di interventi duri contro la popolazione. Riduzione della libertà di stampa. Cambiamenti costituzionali.

In Francia la destra alla fine non ha vinto. In Italia potrebbe, l’anno prossimo.

È solo uno scenario. Ma la democrazia, anche in Occidente, non è eterna. Va protetta e coltivata. Va amata dalla popolazione. Occorre che la popolazione veda nella democrazia più possibilità di quelle che offre la violenza. E l’autoritarismo conseguente.

Per molto tempo è stato proprio così. In Italia, negli anni Settanta, la società ha creduto nella democrazia: ha visto nella democrazia un generatore di possibilità migliori di quelle offerte dal terrorismo, di destra o di sinistra.

Ma questo significa che i sostenitori della democrazia devono darsi la lista di priorità giusta. E non perdersi nei meandri di labirintici sistemi valoriali più legati alla rappresentanza di specifiche corporazioni che protesi alla sintesi del bene comune. Nessuno deve restare indietro, ma ciascuno deve vedere che si salva e migliora la vita soltanto insieme agli altri. Questo è sinistra, probabilmente.

Destra è “ciascuno si arrangia da solo, seguendo i propri interessi e punti di vista”. Sinistra è “il destino di ciascuno migliora lavorando per il bene di tutti”. La lista di priorità conseguente è un argomento prioritario per entrambe le fazioni.

Esiste ovviamente una destra costituzionalmente sana. Ma sembra che stia subendo il gioco degli estremisti.

Esiste ovviamente una sinistra consapevole della giusta lista di priorità. Ma sembra che stia subendo il gioco di chi la divide nei mille interessi contrastanti che la pervadono.

La democrazia per il bene comune è il terreno sul quale dovrebbero incontrarsi, prima di dividersi. La diversità di opinioni è una ricchezza se non diventa divisione. Il compito della costituzione è proprio questo. Ed è prioritario.

Di fronte alle crisi ricorrenti le difficoltà sono gravi. È tempo di prendere sul serio i rischi. Si può fare. O almeno questo è il mio modestissimo parere.

Un esempio? Il tema dell’emergenza climatica è il terreno sul quale si incontra oggettivamente l’interesse di tutti gli umani. Chi pone davvero la priorità su questo argomento ha una strada più chiara per sviluppare la lista delle azioni da compiere per il bene di tutti.


Foto: “File:Palazzo Montecitorio Rom 2009.jpg” by Manfred Heyde is licensed under CC BY-SA 3.0.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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