Un’innovazione realizzata da Commonwealth Fusion Systems, una società nata all’MIT e la cui maggioranza è dell’ENI, supera un ostacolo sulla strada della produzione di energia con fusione nucleare (Reuters). Ogni volta che emerge una notizia sulla fusione ritorna di attualità la domanda: ma è davvero possibile generare energia a livello industriale con la fusione nucleare sulla Terra?
Naturalmente, la risposta non ce l’abbiamo. Ma indubbiamente le innovazioni che vanno in questa direzione non mancano.
La fusione è complicata. Bisogna ricreare condizioni che sul Sole esistono naturalmente. I nuclei di deuterio e trizio non hanno nessuna propensione a fondersi, di per sé: se lo fanno generano un’enorme quantità di energia, ma non lo fanno, anzi si respingono. Per fonderli occorre creare una condizione particolare: elevatissima temperatura (100 milioni di gradi celsius) e campo magnetico per controllare i loro spostamenti, in un impianto fatto con materiali che reggano nel tempo a queste condizioni estreme. Perché questo sia conveniente occorre che l’energia immessa per creare quelle condizioni sia inferiore all’energia generata. Finora non è andata bene. Perché è difficile. Ma comunque è possibile?
IAEA spiega perché è difficile: What is Fusion, and Why Is It So Difficult to Achieve?
The Conversation sottolinea la questione dei materiali: Nuclear fusion: building a star on Earth is hard, which is why we need better material
BBC riporta la convinzione che si possa fare: Nuclear fusion is ‘a question of when, not if’
Non sono molte le persone che possono rispondere a queste persone in modo accurato e onesto. Ma di certo la tecnologia e la scienza vivono della convinzione che “si possa fare”. Il che è il loro bello. Certe volte, però, la complessità genera tali conseguenze impreviste da rendere anti-economico perseguire certe strade. Non abbiamo idea se anche questa della fusione sia una di queste strade. Sappiamo che la promessa di generare tutta quella energia pulita è talmente attraente da motivare la ricerca in questo senso. E questo è profondamente positivo. Anche perché le ricadute innovative laterali della ricerca, anche in questo settore, sono potenzialmente comunque molto utili.
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