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Quasi 700 milioni investiti in startup italiane nel 2019

Ricevo e condivido questo comunicato stampa:

COMUNICATO STAMPA
Osservatorio Startup Hi-Tech

Nel 2019 gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 694 milioni di euro, in crescita del’17% rispetto al valore totale consuntivo del 2018 (593 milioni di euro).
L’ecosistema italiano è vicino ai 700 milioni di € di finanziamenti raccolti in un anno
Alle startup hi-tech 100 milioni di € in più rispetto al 2018
Gli investimenti degli attori formali, storico motore dell’ecosistema italiano, registrano una crescita del solo 12%, raggiungendo i 215 milioni di €
La prima fonte di capitale per l’ecosistema si rivelano gli investimenti degli attori informali(composto da Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding e aziende non dotate di fondo strutturato di CVC) crescono del 32% e raggiungono quota 248 milioni di euro, diventando la prima fonte di capitale per l’ecosistema
Ammonta a 154 milioni di € (+58%) la quota di capitale derivante dagli attori internazionali, con una crescita importante dei fondi provenienti da Europa e Cina.

Milano, 3 dicembre 2019 – Nel 2019 le startup hi-tech italiane hanno raccolto 694 milioni di euro, circa 100 milioni in più rispetto al 2018. Una crescita più contenuta rispetto a quella dell’anno scorso, quando il capitale a disposizione era quasi raddoppiato nell’arco di dodici mesi, ma una notizia senza dubbio positiva in ottica di un prossimo raggiungimento anche in Italia della soglia obiettivo del miliardo di euro di investimenti annui.

Gli investimenti da attori informali sono la prima fonte di finanziamento, arrivando a valere il 36% del capitale a disposizione, segno sia di maggior cultura e sensibilizzazione che di un primo effetto degli incentivi fiscali promossi dal MISE. Il ruolo degli investitori internazionali si ferma al 33% senza una crescita netta ma anche senza il contributo di singole operazioni “eccezionali”, dimostrando una crescente capacità del nostro ecosistema di attrarre capitali esteri in maniera sistematica e continua. In attesa della concretizzazione degli effetti del Fondo Nazionale per l’Innovazione, il contributo degli attori formali rallenta la propria crescita e rappresenta oggi solo la terza forza (31%) dei fondi a disposizione delle startup hi-tech italiane.

Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano* in collaborazione con Italia Startup – l’Associazione dell’ecosistema startup italiano – giunto alla sua settima edizione e presentato in occasione del convegno “Innovazione Digitale 2020: imprese e startup insieme verso l’open company”.

“Il valore complessivo investito in Equity di startup hi-tech nel 2019 si avvicina ai 700 milioni di euro (+17%), mostrando un rallentamento che costituisce una parziale battuta di arresto rispetto a quello che lo scorso anno avevamo battezzato come il ‘giro di boa’ verso l’obiettivo del miliardo di euro di finanziamenti annui.” afferma Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano. “Nonostante l’ecosistema non abbia mantenuto i trend ‘eccezionali’ fatti registrare nel 2018, è comunque importante sottolineare come la crescita 2019 resti un dato positivo: non dobbiamo infatti dimenticarci degli anni tra il 2012 ed il 2015, in cui il nostro ecosistema versava in una condizione altalenante che alternava timida crescita a contrazione, mentre quest’anno le nostre startup avranno comunque a disposizione 100 milioni di euro in più rispetto a dodici mesi fa”

Gli investimenti in startup hi-tech italiane nel 2019

Gli investimenti da parte di attori formali registrano una crescita ridotta (+12%), passando dai 192 milioni del 2018 ai 215 milioni del 2019, ma l’iniezione di questo tipo di fondi potrebbe essere stata solamente rinviata. Da una parte il Fondo Nazionale Innovazione (FNI) da 1 miliardo di euro, annunciato nel corso del 2018, ma solo recentemente concretizzato attraverso la nomina di un CdA, ha generato un atteggiamento attendista tra gli operatori. Dall’altra si stima che l’European Investment Fund (EIF) abbia allocato circa 1,6 miliardi di euro negli ultimi cinque anni all’ecosistema italiano, una cifra non ancora necessariamente messa a terra in investimenti diretti alle startup.

Un’altra nota positiva è il contributo attivo di Cassa Depositi e Prestiti (CDP): alcune concretizzazioni di tale avanzamento sono la recente nascita del fondo Progress Tech Transfer con dotazione da 40 milioni di euro e dedicato in particolare alla sostenibilità ambientale, così come la nascita del “fondo di fondi” ITATech.

“Rispetto al benchmark internazionale, anche i numeri di quest’anno confermano la distanza dell’Italia rispetto ad altri ecosistemi più maturi ed economie comparabili (come Francia, Germania e Spagna). Nonostante ciò, rispetto allo scorso anno, recuperiamo alcune posizioni nei confronti di Paesi dotati di un’infrastruttura e un approccio sistemico all’imprenditorialità, che continuano a correre più rapidamente di noi.” afferma Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano. “Un elemento sintomatico di questo trend è l’aumento del taglio medio di investimenti. Le startup hi-tech italiane hanno sempre trovato estrema difficoltà nell’intercettare investimenti superiori ai 10 milioni di euro ma il trend appare in miglioramento: nel 2018 erano già stati rilevati circa 12 round superiori a questa soglia e nel 2019 il numero si attesta a 14. Le startup italiane mostrano di arrivare sempre più preparate ai ‘tavoli’ dei fondi di Venture Capital domestici ed internazionali: questa capacità e maturità le rendono maggiormente in grado di attrarre round di finanziamento dal livello ‘Series A’ in avanti, gettando le basi per un proficuo processo di crescita e di conseguente arricchimento dell’ecosistema”.

I finanziamenti da attori informali mostrano anch’essi una crescita inferiore a quella dello scorso anno, ma in ogni caso interessante (+32% e in linea con la media del +34% fatta segnare ogni anno dal 2012 ad oggi), che li porta a raggiungere quota 248 milioni di euro (contro i 188 del 2018).

In un Paese come l’Italia, dove il 66% della ricchezza è detenuto dal 20% della popolazione[1], il bacino potenziale di investitori informali che facciano leva sulle proprie risorse personali ha certamente dimensioni significative. In questo ambito, uno stimolo importante è venuto dal Regolatore, grazie ai forti incentivi promossi dal MISE e legati al 40% di detrazione fiscale sugli investimenti in startup innovative. Inoltre, la crescente tendenza degli investitori informali a raggrupparsi costituendo cordate determina una maggiore fiducia e propensione ad investire, perché accompagnata da una riduzione e condivisione del rischio di investimento. Spesso la creazione di gruppi di investitori informali è anche gestita da organizzazioni terze come quelle di Equity Crowdfunding; gli investimenti tramite queste piattaforme, dopo aver triplicato nel 2018 la cifra investita nel 2017, nel 2019 toccano quota 45 milioni, con una crescita sul 2018 del 23%.

Non è inoltre trascurabile l’apporto dato da Independent Angel e investimenti Corporate, sembra infatti che molte aziende preferiscano ancora agire da attori informali piuttosto che strutturarsi tramite un vero fondo di Corporate Venture Capital. Il comparto Corporate ha investito in startup 60 milioni di euro nei primi tre trimestri del 2019, dato stabile rispetto al 2018 ed ancora guidato da poche grandi operazioni. Per stimolare la strutturazione e continuità degli investimenti Corporate sarà importante, da un lato, il recupero da parte del management delle imprese di una cultura imprenditoriale che veda la collaborazione con startup in chiave strategica; dall’altro, l’introduzione di incentivi ad hoc che estendano anche alle imprese – con le opportune modifiche del caso – i benefici fiscali oggi appannaggio delle persone fisiche.

“Se vogliamo considerare il bicchiere mezzo vuoto, non c’è dubbio che il rallentamento nella crescita degli investimenti rispetto all’anno scorso e il ritardo del sistema italiano rispetto a sistemi industriali analoghi al nostro, Francia e Germania in primis, vadano letti in chiave pessimistica” commenta Federico Barilli, Direttore di Italia Startup “Ma volendo guardare il bicchiere mezzo pieno leggiamo almeno 3 fattori positivi e incoraggianti: in primo luogo gli investimenti dei privati (family, friends & business angel) crescono, segno che la normativa (leggi sgravi fiscali ed equity crowdfunding) quando è ben fatta, aiuta; così come crescono gli investimenti delle corporate, soggetto chiave nello sviluppo dell’ecosistema startup e innovazione nazionale. In secondo luogo, gli investitori internazionali guardano con crescente interesse al nostro sistema che quindi esprime imprese innovative di valore e scalabili anche fuori dai confini nazionali. Infine, la nascita del Fondo Nazionale Innovazione può ridare fiato agli investimenti calanti dei fondi di Venture, portando nuova spinta a tutto l’ecosistema”

Infine, la componente dei finanziamenti internazionali raggiunge i 231 milioni di euro, +8% rispetto al 2018. Tuttavia, mentre il dato di dodici mesi fa era “viziato” da un’operazione straordinaria da 100 milioni, che pesava per il 47% del totale, nel 2019 non osserviamo “outlier” di questa portata. Ciò dimostra che come ecosistema imprenditoriale nazionale l’Italia sta gradualmente iniziando ad attrarre investimenti esteri in maniera più sistematica e continua.

“Anche quest’anno la stragrande maggioranza degli investimenti internazionali proviene da attori formali (178 milioni di euro, pari al 77% del totale). Guardando all’investment inflow, cioè alla provenienza dei capitali attratti dall’ecosistema da parte di player esteri, troviamo Europa (46,4%), USA (41%), Cina (11,6%), Giappone (0,55%) e Taiwan (0,49%).” Conclude Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano. “É interessante leggere questo dato comparandolo con quello del 2018, che riportava la seguente “classifica”: USA (72,73%), Europa (23,36%), Cina (3,77%) e Brasile (0,06%). Notiamo infatti una crescita importante della rilevanza dei paesi asiatici, Cina in particolare, così come di altri paesi europei. Questi numeri compensano una decrescita significativa della rilevanza degli investimenti da parte degli Stati Uniti: un dato che può non sorprendere, se si guarda alle politiche recentemente messe in atto dal governo statunitense”.

Ufficio stampa School of Management del Politecnico di Milano
Ufficio stampa Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano
Mirandola Comunicazione

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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