Preferisco studiare chi scrive la storia piuttosto che chi si limita a fare storytelling:
L’identità di un paese non è definita dallo storytelling, ma dalla storia, 8 dicembre 2015
A proposito di storia e storytelling, 20 dicembre 2015
Chi supera lo storytelling e ricomincia a scrivere la storia, 6 maggio 2016
Lo storytelling è peraltro una tecnica da conoscere. E ha una morfologia, come la fiaba di Vladimir Propp.
Analizzando il racconto di un gran numero di startup e progetti innovativi, Julian Birkinshaw, ha trovato che esiste una morfologia della fiaba innovativa: Telling a good innovation story.
Dalla sua analisi emergono tre canoni, più uno.
1. Serendipity. Un’esigenza sentita incontra in modo più o meno causale una tecnologia e il genio dell’apertura mentale aiuta i protagonisti a unire i puntini e trovare una soluzione nuova
2. Sudore. L’idea può essere buona, ma quello che veramente fa la differenza è l’impegno e la dedizione appassionata dei protagonisti
3. Sfidanti. I protagonisti non erano certo tra i favoriti. Anzi. Tutti li davano per perdenti, fuori dal mainstream. Ma ce l’hanno fatta grazie alla loro irragionevolezza
Più uno? In generale, molte di queste storie comunque sono rafforzate dalla loro coerenza con il movimento storico di contesto: intercettano un cambiamento, lo vedono in anticipo, lo favoriscono, ne sono lanciate verso il successo.
Si tratta di una morfologia della bella storia di successo nel mondo dell’innovazione che si fa sempre più sofisticata ma che non rinuncia a vivere di canoni. Come ogni storytelling.
Il punto è che ciascuna di queste storie suppone di riguardare un oggetto che potrà avere successo. O che ne ha avuto.
Stranamente, nell’innovazione politica tutto questo sembra andare al contrario.
Ne parlano Nick Srnicek e Alex Williams in “Inventare il futuro“. Tutta la prima parte è dedicata allo storytelling di molti movimenti di sinistra recenti. Orizzontalismo, localismo, folk politics, sembrano vivere di uno storytelling che parte invece dall’assunto di non poter avere successo. Anzi. In una certa misura propongono il rifiuto di conquistare il potere e sostengono che occorre rifiutare radicalmente la gerarchia. Una spinta morale sembra spiegare questo rifiuto del compromesso con il potere che i movimenti contestano. Apparentemente, però, questo riduce le possibilità che questi movimenti possano produrre un impatto duraturo e che vada oltre i limitati obiettivi definiti all’origine. Se però nonostante questo atteggiamento programmatico narrativo, alla fine i movimenti conquistano il potere, non è la coerenza che li frena. A quel punto lo storytelling si rivela ciò che era. Una forma narrativa.
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