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Social impact agenda

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Difficile immaginare un periodo storico nel quale è più importante parlare in Italia di investimenti a impatto sociale. Una crisi profondissima, con un quarto della produzione industriale evaporata dal 2008, con difficoltà drammatiche nel mercato del lavoro per i giovani e per gli oltre 55. Un insieme di opportunità offerte dalla tecnologia per realizzare soluzioni innovative per alcuni problemi sociali che funzionano, con risultati misurabili, con costi relativamente bassi, con grandi possibilità per i modelli che prevedono il coinvolgimento attivo delle persone cui si rivolgono le soluzioni. Una congiuntura nella quale il rendimento del capitale è basso e dunque adatto al capitale paziente. Ci vuole un ecosistema sensibile: l’Italia è uno dei paesi più forti nel volontariato tradizionale e naturalmente incontra qualche difficoltà culturale e organizzativa con l’impresa innovativa sociale, ma il potenziale è straordinario. Ci vuole capitale paziente: ovviamente la congiuntura è favorevole, perché i tassi di mercato sono già molto bassi, ma occorre attivare fondi più grandi. Ci vuole una cultura del risultato: non più iniziative orientate alla raccolta di soldi alla vincita di bandi, ma iniziative orientate a ottenere impatto sociale vero e se possibile misurabile. Ci vuole anche una attenzione a livello di dimensione urbana. Oggi è stata presentata a Roma la Social Impact Agenda per l’Italia. Ha scopi pratici operativi e intenzioni di sostegno alla generazione di policy adatte a favorire questo sviluppo (La Finanza che include). Si tratta di creare valore economico, valore sociale, valore culturale: aggiungere valore, qualità, intelligenza. I casi raccontati nel corso della presentazione della Social Impact Agenda sono incoraggianti: CGM, Fondazione Sviluppo e Crescita CRT, Federsolidarietà-Confcooperative, UBI Banca. Fondazione Opes. Federcasse. Etimos. Fondazione Human. Il tentativo è quello di unire l’intelligente filantropia con la sostenibilità nel tempo per azioni con impatto misurabile.

Il problema più complesso? La disunione degli italiani, il campanilismo, il divisismo politico e civico. Chi voglia davvero lavorare per lo sviluppo, con un impatto, dovrà superare il punto di vista particulare: difficile. Trovare una via italiana per questo scopo significa anche trovare un sistema per unificare i risultati di sforzi divisi… Forse anche questo è possibile. Ma anche per questo occorre innovazione.

La dimensione nella quale c’è qualche possibilità di riuscita è il metodo – condiviso – per valutare l’impatto, il valore, il senso di queste iniziative. Anche questo è un tema per “media civici”. Imho.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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