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Socrate, Asimov e Big Science

Ai confini della realtà conosciuta c’è solo visione, racconto, immaginazione. In attesa di mappature, verifiche, esperienza. Così sono emerse nel corso della storia una serie di scoperte straordinarie. E mentre ci rendiamo conto che il confine è sempre più avanti, in quest’epoca ci rendiamo conto che l’esplorazione da compiere sta diventando straordinariamente affascinante: ormai sappiamo di più dell’universo che di noi stessi, conosciamo meglio le particelle elementari della materia di quanto non sappiamo del nostro cervello. “Conosci te stesso“: il comandamento filosofico si fonde con il programma di lavoro scientifico.

È un’esplorazione che ha un valore profondo sul piano umano e un valore economico enorme. L’economia della conoscenza non è un gioco di parole. È uno dei territori dello sviluppo più importanti della storia. La visione di Vannevar Bush che aveva paragonato la ricerca scientifica alla nuova forma assunta dal mito della “Frontiera” americana si sta traducendo in una realtà chiarissima.

Big Science, la scienza da miliardi di dollari e di euro, ha condotto alla realizzazione del Large Hadron Collider al Cern di Ginevra per lo studio delle particelle (un investimento che ha superato i 5 miliardi di euro). Ma ormai è Big Science anche il progetto europeo per la simulazione del cervello, da un miliardo di euro. Ed è Big Science il progetto di mappatura del cervello lanciato dagli Stati Uniti, da 3 miliardi di dollari. Dice il presidente Barak Obama che ogni dollaro investito nello “Human Genome Project”, anch’esso costato circa 3 miliardi, ha fruttato per l’economia americana 140 dollari.

Questi grandi framework di lavoro scientifico costituiscono elementi di realtà che viaggiano nell’ignoto, come navi spaziali. Intanto, i pionieri delle idee laterali o non inquadrati negli enormi progetti citati, continuano a svolgere un ruolo rivoluzionario che tutti dovrebbero rispettare. Anche per la scienza può valere la metafora della piattaforma, nella quale enormi macchinari tecnologici e organizzativi creano spazio per grandi e piccole applicazioni delle idee fondamentali con le quali gli scienziati esplorano i territori sconosciuti.

È un’immagine dell’insieme dell’economia della conoscenza. Nella quale la ricerca, lo sviluppo delle idee e delle tecnologie, la stessa fondazione di imprese assomigliano al metodo scientifico più o meno descritto dall’epistemologia: visione, teoria, feedback, verifica, miglioramento della teoria… Ci abitueremo a un’economia così?

Non tutto diventerà così, naturalmente. Di certo, le riscoperte dell’agricoltura, dell’energia, della materialità artigiana ci terranno con i piedi per terra. Insieme all’innovazione nei servizi fondamentali dell’istruzione e della sanità, insieme a molti altri profondamente connessi al territorio e all’ambiente. Ma la forza trainante arriverà probabilmente da un’economia della conoscenza internazionale, sperimentale, innovativa.

Gli scienziati italiani partecipano ai progetti europei, quando ne sono capaci, e nello stesso tempo non cessano di svolgere un ruolo da pionieri. Il loro mondo di riferimento è internazionale e qualche volta riescono a partecipare anche restando con i piedi nella terra d’origine. Languono quando l’organizzazione e le macchine sono insufficienti, ma non mancano certo i casi in cui riescono benissimo. È necessario riformulare le strutture narrative dell’economia per tener conto di queste trasformazioni. Le strutture basate su industria, consumo e finanza sono ormai insufficienti. Gli esportatori, i tecnologi e gli scienziati sanno che il mondo è grande e a portata di mano per ridefinire una prospettiva di sviluppo. Dobbiamo imparare a raccontare tutto questo per svelarne la concretezza.

E per affinare la nostra consapevolezza sui miglioramenti che possiamo progettare nella convivenza e sulla difesa dei diritti. I visionari che un tempo comunicavano la loro immaginazione con gli strumenti della fantascienza oggi lo fanno con gli strumenti dell’economia della conoscenza. Sull’Economist è esplicitamente citato Asimov per parlare dei progetti degli scienziati che pensano che una Big Social Science applicata ai Big Social Data possa consentirci di arrivare a conoscere l’evoluzione della società umana, almeno nei suoi tratti fondamentali. Occorre esserne consapevoli.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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