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Liberi di essere consapevoli delle nostre responsabilità nell’informazione in rete

Il dibattito suscitato dal bizzarro titolo di un pezzo del Fatto dedicato a un’iniziativa di Ahref è molto importante. Se ne leggono tracce nei commenti al pezzo stesso, nel gruppo su Facebook chiamato Indigeni digitali, in alcuni blog come quelli di Vittorio Pasteris, Tagliaerbe, Pier Luca Santoro. E nei rispettivi commenti. Grazie anche a Davide Costantini e Dario Salvelli che hanno commentato qui.

Stiamo parlando di una proposta semplice. Se una persona vuole fare informazione in rete può voler dichiarare che intende anche verificare le fonti, tentare di dare notizie accurate e complete per quanto possibile, dichiarare in modo trasparente i suoi eventuali conflitti d’interesse, rispettare la legge. Per dichiarare queste cose può mettere il bollino di Timu. È un altro gesto di generosità nei confronti dei suoi lettori.

Le principali critiche alla proposta di dichiarare una propria unilaterale volontà di seguire un metodo quando si fa informazione in rete sono rilevanti e a loro volta criticabili. Cerco, per quanto ne sono capace di riassumere le critiche e rispondere.

1. Alcuni sostengono che dichiarare queste cose è inutile e che quello che conta è il giudizio del pubblico.
2. Alcuni sostengono che i blogger non sono fatti per fare informazione ma per fare opinione e per questo devono essere non imparziali.
3. Alcuni sostengono che mettere un bollino è la premessa della formazione di una nuova casta.

Ebbene ecco qualche riflessione a commento:
1. Ovviamente chiunque scrive quello che vuole e ci mancherebbe altro! Il punto è che quello che si scrive online e sui blog è evidente a chi lo legge, mentre non è evidente il percorso di ricerca e riflessione che porta a scrivere quello che si scrive. La proposta di cui stiamo parlando è quella di dichiarare esplicitamente qualcosa sul metodo che si segue prima di scrivere. È una semplice questione di trasparenza.
2. Anche chi fa opinione parte dal commento di fatti che ha raccolto personalmente o ha ripreso da altri. L’opinione è tanto più forte quanto più accurata è l’attenzione ai fatti che vengono poi commentati, mi pare. Si può essere parzialissimi e taglienti quando si giudica una circostanza o un’idea, ma vale la pena di osservare che quelle critiche sono più credibili se il giudizio parte da un’accurata e completa considerazione dei fatti o delle idee che si commentano.
3. In una società aperta si può liberamente dichiarare di essere consapevoli della necessità di essere accurati, indipendenti, imparziali e legali nel fare ricerca sui fatti. E per dichiararlo si può usare un simbolo come quello che si trova su Timu. Dunque quel bollino è una scelta e non un privilegio.

Parlando di queste cose non facciamo altro che aumentare la nostra libertà. Ci rendiamo liberi di essere consapevoli della responsabilità che ci prendiamo quando facciamo informazione in rete.

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  • Sono d’accordo con te Luca, sopra tutto per quel che riguarda al giudizio del pubblico. È giusto pensare ai telespettatori/lettori e a quello che funziona ma non penso che si deva dare o parlare soltanto di quello che vuole la gente, in caso contrario sarebbe tutto gossip e grande fratello, bisogna trovare un equilibrio. Donatella Laghi

  • Grazie! In effetti, non c’è nessuna ragione per aderire a un metodo che non si vuole seguire. E ci mancherebbe. Vorrei solo difendere l’idea dell’imparzialità per come la vedo io. Suggerisco di distinguere tra il momento in cui mi informo e il momento in cui esprimo il mio punto di vista su quello che ho saputo informandomi. Nell’esprimere un’opinione un blog sarà probabilmente individuale e personale, quindi probabilmente sarà efficace e sincero se sarà deciso e “parziale” nell’interpretazione. Chi legge quello che il blogger esprime può farsi a sua volta una libera opinione. Ma il momento in cui il blogger si informa, prima di esprimersi, è diverso: nessuno sa che cosa il blogger ha fatto quando si è informato. Non si sa se la sua opinione è fondata sulla lettura di una biblioteca di studi sull’argomento, se è testimone oculare, se si è limitato a leggere il titolo di un pezzo e lo commenta… Per illuminare quel momento e dimostrare che la sua opinione è fondata, di solito il blogger linka una fonte o un altro blogger. E non c’è dubbio che la sua opinione sarà tanto più dimostrata e forte e credibile quanto più si sarà documentato prima di esprimerla. Se si è documentato in modo parziale la sua opinione rischia di essere incompleta e vagamente pregiudiziale. Quelle frasi saranno accolte da chi è già d’accordo e saranno rigettate da chi non è d’accordo, ma non convincerà nessuno a considerare un’opinione diversa da quella che dettata dai suoi pregiudizi. Insomma, l’imparzialità che eventualmente conta è nel momento dell’informazione. Mentre nel momento dell’espressione, la parzialità è il risultato di un punto di vista. Tutto questo si può considerare irrilevante. Se lo si considera rilevante allora lo si può dire dire con pignoleria, scrivendo una cosa del tipo “prima di esprimere questa opinione mi sono documentato accuratamente e in modo imparziale, cioè senza tralasciare i fatti che non erano coerenti con la mia idea preconcetta”. Oppure si può sintetizzare questo genere di frase con un bollino come quello di Timu. Che era, resta e sarà una semplice scelta di trasparenza da parte di chi lo usa e nulla di più. Ovviamente, anche questa è un’opinione parziale…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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