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“Cognitively illiberal state”

Una cittadinanza che non sia in grado di conoscere come stanno le cose non è neppure in grado di prendere decisioni adeguate alla situazione.

C’è un caso molto interessante di società di questo tipo: quando le differenze culturali, ideologiche e valoriali sono tanto grandi che per le persone è impossibile distinguere tra i fatti e le opinioni. Sicché in quella società non si confrontano diverse diagnosi degli stessi fatti, perché ciascuno è convinto di conoscere i veri fatti e non riconosce come fatti quelli che vedono gli altri. Il che significa che non si sa come stanno le cose ma solo come secondo una certa ideologia stanno le cose.

Il caso è studiato da Dan Kahan, giurista e membro del Cultural Cognition Project at Yale Law School. Kahan definisce questa situazione Cognitive illiberal state. E ha pubblicato una sintesi della sua ricerca su BigQuestion.

“Our work suggests that cultural polarization over facts happens when the framing of information and the identity of information providers are arranged in patterns that convey–at first unconsciously, but soon enough in terms all can see–that the position society takes on a factual issue will amount to siding with one cultural group over another (a condition we call the cognitively illiberal state)”.

Kahan applica questa analisi ai fatti scientifici. Sottolinea che se si vuole dar conto di un fatto occorre diffonderlo contemporaneamente in diversi contesti ideologico-culturali. Ma la sua è una cura molto specifica per questioni molto sofisticate.

Il problema molto banale di uno stato come l’Italia che si può per molti aspetti associare al concetto di cognitively illiberal state è che ha bisogno di recuperare un consenso sul metodo empirico che definisce come si cercano, verificano, valutano e comunicano i fatti. La spettacolarizzazione delle risse televisive, oltre a molte altre abitudini mediatiche discutibili, ha educato molti a non credere a niente. Il che impedisce in generale di avere fiducia nella ricostruzione dei fatti. Una riflessione sul metodo che definisce l’informazione e la distingue dalla promozione di preconcetti è sempre più necessaria. In tutta modestia Timu offre un piccolo contributo all’immenso progetto.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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