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Non sapevo di volerlo sapere

I filtri all’informazione sono di tanti tipi. Alcuni sembrano fatti apposta per evitare le sorprese: seguire un flusso di notizie aggregato automaticamente da un motore in base a una parola chiave fissa, informarsi solo con un giornale o un blog che si schieri ideologicamente proprio come si desidera, stare in un momdo specializzato che crea le aspettative e le soddisfa (dal grande fratello al calcio). Ma le sorprese fanno bene: quando si riconosce un’idea inattesa come importante, quando un fatto sposta un’opinione acquisita, quando si scopre e si prova qualcosa che non si immaginava potesse esistere o essere pensato…

l flusso dell’informazione è gigantesco e non facciamo altro che cercare nuovi modi per gestirlo. Ma l’equilibrio di una persona – e di una società – dipende anche dall’infodiversità che riesce a coltivare. Voglio sapere qualcosa in particolare e nello stesso tempo voglio sapere cose che non sapevo di voler sapere. Questa è una delle chiavi dello sviluppo del mestiere di informare. Imho.

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  • O anche di essere informati.
    Coltivare diverse fonti, specialmente quando queste sono schierate ideologicamente e portano diverse opinioni non è semplicissimo.
    Uno dei casi più emblematici è la credibilità di alcuni personaggi che non verranno mai ascoltati per quello che dicono ma ogni cosa verrà filtrata attraverso la loro identità.
    In questo contesto, il dialogo e l’acquisizione di nuove informazioni è impossibile.
    Quello che suggerisci tu è possibile solo se una nuova fonte, della quale non sappiamo troppo e perciò non ne siamo condizionati, porta un nuovo elemento alla discussione.
    Nel senso che coltivare diverse fonti, specialmente se schierate in maniera ideologica porta a

  • beh, è proprio quello che dicevo anch’io… forse non mi sono spiegato… stare dentro i sistemi di informazione ideologicamente determinati non genera sorprese: per essere sorpresi dobbiamo stare in un mondo più largo… per questo occorre un sistema di informazione basato su un terreno comune metodologicamente condiviso. vedi i precedenti post in proposito se hai voglia… grazie comunque: condivido quello che dici…

  • Mi sembra che Lei stesse descrivendo l’antidoto all’omofilia: la serendipità. La scoperta inattesa di qualcosa che non si stava cercando. E’ una sensazione di arricchimento culturale molto forte, oltre che una delle maniere più efficaci per rompere la routine.
    Ho avuto modo di studiare la questione da un punto di vista epistemologico e poi informatico. Ho anche pubblicato, con alcuni colleghi, un paper internazionale su come introdurre serendipità all’interno di un sistema di raccomandazione.
    Tutto cominciò da questo bellissimo articolo:
    http://www.ethanzuckerman.com/blog/2008/04/25/homophily-serendipity-xenophilia/
    Saluti,
    Michele Filannino.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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