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Ho postato un articolo

Marco Dal Pozzo ha ragione a ridere delle definizioni aprioristiche che servono a distinguere artificialmente i blog e i giornali, i post e gli articoli, l’informazione e il giornalismo.

Se vediamo l’ecosistema dell’informazione non possiamo che notare come l’informazione venga prodotta anche dai giornali, ma certamente non solo dai giornali. Fa informazione il pubblico attivo, sui blog personali, su Twitter, su Flickr, su YouTube e mille altre piattaforme. Fa informazione lo show televisivo, anche di entertainment, che intervista una persona pubblica, che si occupi di politica, di letteratura o di altro. Fa informazione la telecamera nascosta che protegge un caseggiato e poi finisce per documentare un fatto di cronaca nera. Fa informazione un’organizzazione o un’azienda con il suo sito web. La questione è casomai distinguere l’informazione dalla fiction, dalla manipolazione, dalla pubblicità, dalla comunicazione. (Ce n’è bisogno). E la tecnologia usata – un editor chiamato blog o un sistema editoriale che partecipa alla filiera che porta la stampa in editola – non ha molto a che fare con la definizione di informazione.

Casomai la discussione può essere rivolta a comprendere la relazione tra modelli di business e qualità dell’informazione, tra tecnologie e design dell’interfaccia, tra metodo di ricerca e credibilità del risultato. Imho.

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  • concordo. ritengo inoltre che il primo passo da fare sia quello di accordarsi su una buona (e seria) definizione di “informazione”.
    credo che il miglior punto di partenza siano le analisi concettuali della philosophy of information di luciano floridi, che fornisce una definizione semantica: l’informazione è un insieme di dati ben formato, dotato di significato e vero.
    a partire da questo nucleo filosofico (certo troppo teorico e asciutto se preso così), si può costruire una teoria dell’informazione sociale ad ampio raggio, che non appiattisca l’informazione né al suo supporto né ad altri epifenomeni.
    ci sto lavorando su…
    ciao
    giorgio

  • Il web non produce informazione, se per informazione intendiamo ciò di cui si occupano i media, principalmente politica ed economia.
    Il contributo del web in questo senso è molto scarso, per non dire nullo.
    Su qualunque argomento, il 95%, ma forse anche di più, ripete ciò che ha trovato scritto sui media tradizionali.
    Il web non ha disseminato la conoscenza, che resta un patrimonio di pochi privilegiati, né ha ampliato gli spazi di discussione pubblica (a che serve discutere se i contenuti sono stati decisi da soliti due o tre gruppi editoriali?)

  • @Armando. Perchè il web non produce informazione economica o politica? Concordo sulla questione di definire cos’è informazione, ma – credo – che non si possa dire che la Stampa faccia informazione perchè parla di Economia e Politica. E se anche questo fosse il differenziale è molto labile. L’argomento è facilmente colmabile anche dai blogger.
    C’ero anche io con Marco sabato all’ONA. L’impressione che ho avuto è stata, ancora una volta, che la stampa stia cercando modelli di replica dell’informazione tradizionale attraverso il social web. Tant’è che – udite udite – si è presentata come “tendenza” la necessità di community manager.
    Non ho mai sentito parlare – almeno per quello che sono riuscito a sentire – di integrazione di informazione dal basso e canali mainstream. Il concetto di iperlocale che ho sentito è in realtà quello di stampa locale micro-territoriale: ovvero, dopo il giornale cittadino, c’è quello di quartiere. L’iperlocale è un’altra cosa.
    Il modello attuale delle testate, purtroppo, è ancora oggi quello di informazione in modalità push. Mentre in rete sta avvenendo altro. Le alluvioni delle settimane scorse ne sono la dimostrazione: persone che davano aggiornamenti diretti sulla situazione, gruppi che si costituivano e si mobilitavano per portare aiuti, diffusione di iniziative di solidarietà…

  • Luca grazie per la citazione!
    Indipendentemente dal mezzo e dai nomi che si danno alle cose, il problema e’ proprio quello del Business Model. Da piu’ di un anno, dal mio ristrettissimo osservatorio, non ci si e’ schiodati troppo dal Freemium [e se n’e’ parlato, con qualche elemento di novita’, sabato scorso a Roma all’ONA].
    Sulla qualita’ dell’informazione poi, il discorso si fa davvero complicato. L’informazione [e.g. contenuto] di qualita’ e’ un oggetto davvero misterioso…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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