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Giornali da non credere…

Pew registra in un’interessantissima ricerca un calo significativo nella credibilità dei giornali americani. Il pubblico, insomma, crede meno a quello che legge sui giornali. Solo il 29% degli americani pensa che i giornali raccontino in fatti come sono, il 60% pensa che siano molto imprecisi. Inoltre, la maggioranza pensa che i giornali siano troppo schierati politicamente e non siano indipendenti dalle pressioni dei poteri economici. Alla luce di questi dati, stupisce meno il calo delle vendite.

Gli americani per lo meno cercano numeri per comprendere meglio le loro impressioni. A noi restano solo le impressioni.

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  • Non capisco perchè ti stupisci. Quando i giornalisti cascano dalle nuvole capendo che i loro lettori pensano che la carta su cui scrivono è comprata e venduta a tutti (beh, a molti) fuorchè a chi paga l’euro di prammatica, i giornalsti, dicevo, mi sembrano quelle signore che vivono nei bordelli e si stupiscono se le chamano mignotte.
    Tu, Luca, che giustamente apprezzi La Stampa (ora poi che si libera di Barbara Spinelli la apprezzerai ancora di più), dovresti sapere che torinesi la chiamano da empo immemorabile affettuosamente (sarà..) “la busiarda”, che non penso abbia bisogno di traduzioni.

  • Certo, ma dal momento che tu sai benissimo i numeri dei giornali italiani, e anche delle inchieste interne (non quelle della System), uno più uno fa due anche in Italia.

  • Mi chiedo anche io quale potrebbe essere il risultato italiano. Da anni. E da anni sostengo che a fronte della lagna continua “in Italia non si leggono i giornali”, non esiste alcuna rilevazione sui perché, mentre fioriscono le intuizioni di chiunque (la più gettonata: preferiscono la tv. ok, ma perché preferiscono la tv, e soprattutto, perché, ancora, non leggono i giornali? boh).
    Zero studi, zero dati, zero interesse. Da anni attendo smentita.

  • Valentina non si potranno sapere per certo quanto incidono determinati fattori, ma che la lettura dei giornali ha come deterrenti: 1) un più basso indice di alfabetizzazione; 2) un modello di giornalismo politicizzato, dalle sue origini come editoria impura; 3) un linguaggio che attinge più all’elitarismo culturale; 4) una notizialbilità incentrata su tematiche distanti dalla pancia delle persone e trattate con sottintesi quasi esoterici per non iniziati. Poi se il confronto è con la tv allora arrivano tutti gli altri problemi strutturali del mezzo, il primo è che per leggere serve concentrazione e tempo attivo, ciò che è moneta rara. Se consideriamo che poi la tv non la paghi e te la trovi come ospite fisso i conti sbancano.
    A volerla prendere sul sofisticato i fattori ne sono molti e molti più di quelli che ho menzionato. Intuitivamente credo che ognuno potrebbe mettere con facilità un fattore aggiuntivo sulla vittoria a tavolino di tv contro giornali.

  • Emanuele anche le tue sono supposizioni. Ne possiamo fare quante ne vuoi. Io puntualizzavo sul fatto che nessuno fa, e nessuno commissiona, un’indagine simile. Ci sarà un perché.

  • Idea: commissionamola noi (citizen poll). Io metto 100 euri. Se siamo in 1000 una SWG o una Demoskopea che la fa in modo serio la troviamo. Mi risulta che ci siano già un paio d servizi per la raccolta fondi online. Chiederei a Luca di farsi parte diligente in questo. Ho già il dito su Paypal.

  • Valentina, non sono supposizioni. Non potrai centro pretendere di scoprire con una discriminant analysis o una factor, cluster o tante altri metodi statistici il “perché” dei non lettori. Per una spiegazione del genere ci vorrebbe un occhio divino.
    Di studi se ne sono fatti tanti e nei modelli di analisi c’è una gara senza fine da inizio secolo.
    Basta dare una scorsa a questo numero di Problemi dell’informazione che ho trovato disponibile, ma ti assicuro che farebbero girare la testa le ricerche in campo.
    http://air.unimi.it/bitstream/2434/20265/1/p02PrePrint.pdf
    Commissionare ricerche da finanziare su interesse sarebbe una bella idea invece.
    Sono convinto che chi prima riesce a strutturarne la formula con tanto di piattaforma fa centro.
    Oggi consultavo una agenzia che per muoversi dall’uficcio chiede 40.000 euri..
    Bisognerebbe farci un pensiero con queste ricerche.

  • Sì Marco, ottima idea.
    Emanuele, credo di non essermi spiegata bene, ci riprovo. Io non cerco studi sul perché dei non lettori, ma sul perché dei non letti. Sul profilo sociologico del non lettore la letteratura non manca, come dimostra anche l’analisi che hai linkato. Ma io cerco altro. E non lo trovo.

  • Valentina sei chiara come l’aria fritta 🙂
    Ora sembra che hanno trovato tessuti che riescono ad incapsularla. Trattamenti al Plasma, Sol-Gel e altre eccentricità nelle tecnologie dei (nano)materiali.
    Le prime applicazioni però dovrebbero prediligere piuttosto che incapsulazione, il rilascio di sostanze. Già immagino jeans ai ferormoni. Luca, su Nòva non trovano molto spazio questi prodotti tipici.
    Anche a Milano so che hanno aperto un bando sulla moda funzionalizzata. Uno poi si aspetta che arrivino farmaci su misura, e si trova ad indossare giacca antizanzare, o un calzino vasodilatatore.

  • Ora che li svendono lo prendo anch’io 🙂
    Marco fatti venire un’idea per diventare ricchi su “internet”, io ho già iniziato, vogliono tagliarmi fuori..
    La conferma è arrivata in allegorico, mi sono sentito dire le parole famose, “che lavoro vuoi fare da grande”?
    Poi nel bel mezzo di un chiarimento al limite della resa dei conti, invece di dire “se non c’è collisione d’intenti non c’è problema” mi è sgaffato con il termine collusione. E’ venuta fuori una coda di paglia che non immagini.
    Mi iscrivo ad un corso di mediazione famigliare 🙂

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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