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Apple verso il 7: tasse, tecnologie, senso

Arriva il 7, nel senso del giorno e del numero del nuovo modello di iPhone. Tutti osservano che la Apple basa ancora la maggior parte dei suoi profitti sul telefono che ha sconvolto il mondo delle telecomunicazioni nel 2007, che negli ultimi tempi ha perso terreno in termini di crescita sul mercato, e che il grande rilancio avverrà nel 2017, dieci anni dopo (Bloomberg).

Nel gennaio del 2007 in effetti è partita la vicenda degli smartphone e nell’estate dello stesso 2007 hanno fatto capolino i primi mutui non pagati che hanno portato alla crisi finanziaria che ancora stiamo pagando. Due avvenimenti che hanno cambiato non solo il loro mondo, ma il mondo. Le due filiere di conseguenze si sono incrociate poco all’inizio, come se fossero su pianeti diversi, ma ormai sono connesse. E la moltiplicazione dei gadget non è più coerente con il mood che attanaglia l’Occidente in cerca di un modello di crescita e sviluppo più sensato. Non a caso le cose più importanti della stessa Apple sembrano le sue politiche sull’energia, i suoi impegni sulla privacy, le sue strategie di miglioramento delle condizioni di lavoro. Mentre l’economia digitale, basata sull’internet mobile inaugurato nel 2007, resta una dimensione di crescita importante. Non solo per l’Occidente ma anche e soprattutto per i paesi che ancora sono poco connessi.

Ma di sicuro, ogni tanto, arriva il momento dei nuovi prodotti: telefono, televisione, computer, tablet, orologio… Automobile… Vedremo domani che cosa dice di nuovo la Apple.

L’iWatch in particolare non ha ancora raggiunto una condizione identitaria autonoma dall’iPhone, per ora ne è soltanto un corollario. Non raggiunge la fama dell’oggetto di design che potrebbe essere, né ovviamente la ben più difficile posizione nel mondo della moda, perché non ha ancora un’identità funzionale tale da spingere la gente ad adottarlo. Se avesse una connessione indipendente potrebbe sviluppare funzioni che ora sono frenate dalla necessaria presenza dell’iPhone per l’accesso alla rete. Si dice che non è possibile ficcare nelle piccole dimensioni dell’iWatch anche le schede per la connessione. Ma se c’è gente che si mette al polso una cosa come l’iWatch, si può immaginare che potrebbe usare l’altro polso per un oggetto connesso alla rete e che connette l’iWatch e magari fa altre cose che possono scaricare il design dell’iWatch… Vabbè…

Sulle tasse, si avvicina l’appello alla condanna ai 13 miliardi da pagare in Irlanda. Sarà una causa molto difficile perché è senza precedenti. Gli esperti intervistati da Reuters non sembrano in grado di fare previsioni (Reuters). Forse sono più importanti gli accordi al G20 che chiamano in causa l’Ocse e tentano di creare un frame che serva a ridurre la concorrenza tra i sistemi fiscali: al centro della questione, in fondo, non c’è la Apple, ma l’Irlanda, l’Olanda, il Lussemburgo…

Il senso della Apple è cambiato, ovviamente. L’eterna startup è diventata l’azienda più grande del mondo. Non è caduta nel tranello temuto da Steve Jobs, cioè quello di farsi dominare dal marketing abbandonando l’innovazione. E’ ancora capace di curare i prodotti, la distribuzione, il servizio. E di attrarre attenzione semplicemente raccontandosi. Ma il suo ruolo, si direbbe, non è più quello di pensare l’impensabile e realizzarlo: il suo ruolo è diventato quello di governare in modo illuminato il processo in modo che cominci a servire veramente all’umanità. E da questo punto di vista, il potenziale della Apple è tanto enorme, quanto poco ancora espresso. Si può fare molto di più. Qualche dollaro in meno agli azionisti e qualche progetto in più per lo sviluppo civico, economico, territoriale, umano, nel contesto nel nuovo grande cambiamento portato da intelligenza artificiale, robotica, big data…

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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