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Medicina come business ed economia dell’infelicità

La medicina cura le malattie o migliora le prestazioni e le condizioni di vita delle persone? L’esplorazione dei confini tra queste due possibilità genera ambiguità che la società ha bisogno di sciogliere e sulle quali deve compiere un processo di riflessione. Anche perché il progresso tecnologico porrà la società di fronte a scelte sempre più difficili.

Da Sigmund Freud in poi abbiamo assorbito nella nostra cultura la gravità dei pericoli connessi alla cocaina: questo significa che tutti li conoscono e chi ne fa uso è fondamentalmente resposabile delle proprie azioni. Da decenni sappiamo che il doping sportivo fa male all’autenticità delle esperienze fisiche e spesso alla salute: non c’è ancora probabilmente una consapevolezza piena delle conseguenze della scelta di doparsi, a fronte dei benefici economici per gli sportivi professionisti e delle soddisfazioni narcisistiche per i dilettanti, insieme alle pressioni delle squadre. Solo da qualche anno la chiurgia plastica a fini meramente estetici è in discussione: le donne e gli uomini che vi fanno ricorso sono diversamente consapevoli; si va dalle persone mature e nel pieno delle loro facoltà di scelta a persone più insicure che semplicemente aspirano a un’immagine stereotipata per combattere debolezze di vario genere. Realtà molto diverse, ovviamente. Ma che sembrano avere qualche cosa in comune.

Se la medicina è condotta dalla logica del business e se il business è condotto dalla logica del consumismo, che genera bisogni per poi soddisfarli, i rischi sono crescenti: dalla dispersione di risorse culturali, alla perdita di autenticità delle relazioni, dai rischi per la salute all’eccesso di spesa che può condurre anche a un forte indebitamento e a una ricerca spasmodica di ulteriori entrate economiche. La soddisfazione offerta dal consumo, come attestano le ricerche sull’economia della felicità, dura poco: per mantenerla a un livello stabile occorre consumare ancora e ancora, in una dinamica che appare abbastanza simile a quella di una dipendenza. Ma nello stesso tempo questa dinamica disperde valore non monetario: identità culturale, qualità relazionale.

I trent’anni appena finiti, centrati su un’economia del consumismo, del debito, della pubblicità televisiva, con forme di informazione che sconfinavano costantemente nella comunicazione e sistemi di generazione di bisogni sempre più sofisticati, lasciano ferite sociali, culturali e ambientali profondissime.

Il passaggio a una nuova epoca di maggiore consapevolezza è in atto. I valori del civismo e dell’autenticità stanno riprendendo un’importanza che negli anni scorsi sembrava perduta. L’economia della felicità non è assolutamente una questione da confondere con la decrescita, ma con una ridefinizione delle priorità. Che comincia con la fine della sbornia dell’eccesso di consumi e dell’eccesso di televisione commerciale, le cui conseguenze economiche e politiche sono ormai emerse in tutta la loro pericolosità.

In questo contesto, la battaglia per un’informazione più completa sulla chirurgia estetica, condotta come critica delle logiche mediatiche per esempio da Lorella Zanardo e avviata in chiave d’inchiesta sul business collegato da Cristina Tagliabue, è una battaglia che va ben oltre la crescita della consapevolezza femminile e riguarda tutti. Si tratta di un’informazione che ci aiuta a liberarci dall’ambiguità dell’inautentico e dalla dipendenza dai bisogni immaturi e dispersivi.

E’ solo l’inizio, probabilmente. Sherry Turkle, in Alone Together, si interroga appunto sull’autenticità delle relazioni affettive in un’epoca nella quale si provano sentimenti per un computer e si arriva ad immaginare l’amore per un robot. Intanto, temi più vicini all’esperienza di molti, si fanno strada, come l’analisi delle “amicizie su Facebook” che resta un territorio di riflessione da approfondire, anche se la società sta certamente cominciando a maturare una consapevolezza in materia. La diffusione di servizi online per trovare l’anima gemella in base ad algoritmi talvolta piuttosto scontati e prevedibili non cessa di avanzare in una società di persone solitarie. Certo, la proiezione dei propri fantasmi nelle relazioni con gli altri non è questione di oggi: ma la mediazione nelle relazioni tra le persone operata attraverso piattaforme automatiche che usano l'”affettività” o l'”amicizia” come metafora è una novità che la cultura è destinata ad affrontare.

ps. (disclosure): le relazioni private restano tali in questo blog; ma va detto che una parte di queste considerazioni sono ispirate anche dalla relazione personale di chi scrive con l’autrice dell’inchiesta sulla chirurgia plastica.

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  • sul tema “medicina e business”, vedi il grave problema della medicina “orientata” dalla industria alimentare e farmaceutica, come bem accusato nel libro di campbell “the china study “

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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