Una giornata al Moebius di Lugano. Questa mattina un incontro sul lavoro del futuro con la 3A di un liceo classico di questa città tanto importante. Le ragazze e i ragazzi della classe guidati dal professor Tiziano Moretti hanno letto l’inizio del libro “Il lavoro del futuro” e il capitolo sul lavoro delle “Lezioni” di Yuval Noah Harari, hanno realizzato alcuni video sul tema.
Un’idea emerge in pieno. Le ragazze e i ragazzi sono preoccupati.
I video presentati all’incontro e gli interventi erano concentrati sul fatto che del futuro non si sa niente e che le macchine porteranno via il lavoro agli umani.
A parte l’evidente contraddizione – se non si sa niente del futuro come si fa a dire che le macchine porteranno via il lavoro agli umani? – la sofferenza di persone giovani alle quali la società sta dicendo che le cose vanno male e andranno peggio deve essere la sofferenza di tutti. Non c’è dubbio che tra le molte conseguenze terribili che il modo assurdo col quale la società discute oggi ce n’è una particolarmente sottovalutata e disumana: il dibattito distruttivo che gli adulti stanno intrattenendo di questi tempi ha la conseguenza di togliere le speranze ai giovani.
È tempo di costruire una narrativa giusta, ecologica, costruttiva: se non la vogliamo fare per noi, facciamola per i giovani.
La correzione della ipertrofia dell’informazione tossica in rete non è un obiettivo facile. Avviene con un approccio ecologico ai media. Si persegue superando il lamento e passando alla progettazione.
L’Europa dice che lo sviluppo oggi è orientato alla sostenibilità, all’equità, alla produttività, alla stabilità macroeconomica. Vale la pena di prenderla alla lettera. Per l’uscita da questa ennesima crisi che non avremmo voluto vedere possiamo puntare sulla micro-conflittualità delle tribù ideologiche che occupano l’attenzione delle persone, oppure possiamo renderci conto che la sostenibilità e l’equità si possono raggiungere, innovando, con una direzione e un pragmatismo dotato di senso. Non si può sopportare la sofferenza dei giovani senza speranza.
Chi conduce la sua polemica quotidiana sui media sociali e pensa di conquistare il potere con questa tattica non ha mai parlato con i giovani che studiano, si impegnano, fanno discorsi maturi e non hanno speranza.
Certo, quanto detto qui sopra non risponde alla domanda scritta nel titolo, ma risponde piuttosto alla domanda “come non si parla alla distopia giovanile”.
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