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Paul Bloom – Perché ci piace quello che ci piace

Hermann Goering invidiava i due quadri di Vermeer posseduti da Adolf Hitler. Si diede da fare per trovarne uno anche lui. Lo acquistò da un mercante olandese. Finita la guerra, il mercante fu accusato di collaborazionismo. Si difese dicendo che non aveva venduto un Vermeer a Goering: gli aveva venduto un falso, dipinto da lui stesso (e lo provò dipingendone un altro, perfetto). Quando lo seppe Goering, che nel frattempo era sotto processo a Norimberga, fu preso da una incredibile depressione. Il racconto è di Paul Bloom, a Ted.

Bloom si domanda: «Il dipinto falso era identico all’originale. Perché Goering, scoprendo che era falso, non lo amò più?»
Bloom spiega che non ci piace tanto l’oggetto quanto la storia che porta con sé. L’originale è più bello della copia perfetta perché è frutto di un atto di creazione, non di puro talento tecnico. Ma succede in diversi, talvolta bizzarri, casi. Per la maglia di George Clooney, in un’asta, si paga di più se non è stata lavata prima di essere venduta. E le opere di Jackson Pollock si sono trasformate in oggetti di grandissimo valore quando si è compreso che la sua ricerca artistica non era concentrata sul dipinto ma sul gesto di dipingere.
Un concerto di John Cage, racconta Bloom, conteneva anche un pezzo straordinario, della durata di 4 minuti e 33 secondi. Era una composizione particolare: perché non conteneva alcuna nota. Erano 4 minuti e 33 secondi di perfetto silenzio. Un silenzio che ha una storia tanto particolare che si trova in vendita quel pezzo su iTunes e qualcuno lo compra. Un silenzio che piace di più di altri silenzi perché ha una storia. (cfr. LibriOnLine)

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  • Con tutto il rispetto che è dovuto al Prof Bloom resta il fatto che un Vermeer originale valeva e vale, sul mercato, qualche bella paccata di miliardi, mentre una copia, per quanto perfetta, valeva e vale zero.

  • Contestualizzerei di più. Goering compra x perché Hitler ha x. Gli viene rifilato il pacco e lui è convinto di avere x ed è contento (x è il quadro e il valore economico del quadro). Poi scopre che x è un bellissimo pacco.
    E’ una metafora di chi ama l’arte non perché la conosce a fondo, ma per imitazione ed egomania. Ho sentito un esperto pochi giorni fa. Diceva che i migliori investimenti li fanno i colti, non i calcolatori che spesso vengono puniti.

  • ok ma il punto è perché lo stesso identico dipinto vale meno se è falso? l’oggetto, la forma, la “bellezza” sono uguali, ma il vero vale e il falso non vale; questo è il problema: la soluzione è che piace lastoria che ha un oggetto non l’oggetto, secondo bloom..

  • Al di là dello spirito emulativo (o, chiamiamolo così, di identificazione ed aderenza, nel caso di Goering, con il suo leader, io credo che la dinamica vero/falso, nell’arte, sia più o meno quella che c’è nella moda o in qualunque altro “status symbol” commerciale. Originale e falso. Originale, etimologicamente, allude a unico, vero, rappresenta l’atto iniziale, creativo, insostituibile. Il falso è falso, per quanto falso bene. Recentemente sono stato a Delft, dove Vermeer nacque e visse praticamente tutta la vita. Se andate qui. http://www.vermeerdelft.nl/
    dopo aver pagato il biglietto vi avvertono che tutti i quadri esposti sono in realtà delle copie. Non saprei dire se fossero perfette, come copie, confesso che le ho osservate senza più alcun interesse. Questo pippone vuole significare che, insomma, condivido le ragioni di Bloom, avendole sperimentate di recente in quanto semplice “fruitore” del falso di un originale. Non le condivido, oppure le condivido in parte, quando si parla di “possesso”.

Luca De Biase

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