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Promemoria sulla memoria. Per chi si preoccupa di quanto e come internet ci cambi

L’esperimento è relativamente semplice. Si forniscono alcune nozioni abbastanza dettagliate a un certo numero di persone che possono trascriverle sul loro computer prima di essere chiamate a usarle. A metà di loro si dice che le informazioni saranno cancellate dal computer, all’altra metà si dice che non saranno cancellate. Non ha sorpreso gli sperimentatori scoprire che la metà che pensava che le informazioni sarebbero state cancellate le ricordava meglio dell’altra metà. 

Il secondo esperimento era meno ovvio. Si chiedeva se ci sono Stati con la bandiera di un solo colore. La risposta era registrata in una delle diverse cartelle sulla scrivania di un computer. La domanda successiva era interessante: ricordate quali stati hanno una bandiera di un solo colore e in quale cartella si trova l’informazione? Gli scienziati si sono stupiti nello scoprire che la gente ricordava con maggiori probabilità la cartella di quanto non ricordasse lo stato. 
Queste storie sono riassunte in un articolo di Patricia Cohen, sul New York Times, e si riferiscono a uno studio pubblicato da John Bohannon su Science.
Le preoccupazioni sull’effetto di internet sul modo di pensare, ricordare, ragionare sono ormai diffuse e studiate. La società si accorge della grande trasformazione in atto e ha bisogno di digerirla dal punto di vista culturale. Una serie di risposte sono pubblicate su Edge.
More about L'arte della memoriaLa sostanza di questo bisogno di conoscere l’effetto culturale degli strumenti non è nuova. Ne parla meravigliosamente nel suo gran libro Frances Yates: L’arte della memoria. All’epoca del passaggio dalla tradizione orale alla scrittura, le preoccupazioni erano analoghe: perderemo qualità culturale? dimenticheremo quello che sappiamo visto che sarà tutto registrato sul papiro? la scrittura ci rende stupidi?
Il fatto è che, come spiega Yates, la memoria è tante cose. Ma la memorizzazione è un’arte, è una tecnica e una strategia. Che ha effetti culturali, certo.
Come tecnica risponde al bisogno elementare di ricordare. E se una tecnologia è più efficace di un’altra la precedente è soppiantata. Imparare tutto a memoria e ripeterlo agli altri a voce perché lo ricordino a loro volta è una buona tecnica, ma viene superata dalla tecnica della scrittura. E la copiatura a mano degli scritti è superata dalla stampa. E la registrazione su carta è superata dalla registrazione digitale. Su questo non c’è molto da fare. Quali sono le conseguenze?
More about The ShallowsPensare che una nuova tecnologia ci cambi o ci renda più stupidi non è un approccio molto intelligente. È semplicemente frutto di un’ansia: quella di non capire ciò che sta succedendo e reagire con un’idea tipo “fermate il mondo voglio scendere”. Chiaramente, quando si dispone di una tecnica che funziona la si adotta: la reazione non è cancellarla, ma comprenderla.
Le conseguenze sono comunque piuttosto rilevanti e vanno indagate. A mio parere ci sono molti filoni di indagine e almeno tre ipotesi da verificare:
1. La strategia di memorizzazione vincente emerge in quanto si adatta meglio all’ambiente di tecniche disponibili, necessità pratiche, quantità di dati, ecc.;
2. Una strategia di memorizzazione non è mai asettica rispetto alle relazioni tra le notizie ricordate;
3. Una strategia di memorizzazione non è mai asettica rispetto alle relazioni tra le persone che ricordano.
More about Is the Internet Changing the Way You Think?Non esiste una sola soluzione di memorizzazione buona per ciascuna questione. Di certo, se si sa che tutto si può trovare online facilmente, si tenderà ad affidare a internet una crescente quantità di nozioni, ma anche si otterrà l’effetto di poter nel tempo contare su una quantità di informazioni di qualità potenzialmente migliore di quella che si può tenere a mente.
La conseguenza principale dell’internet è quella di poter contare su un archivio accessibile, riducendo i motivi per mandare a memoria: ma quell’archivio è formato da un insieme di fonti tradizionali sulle quali si cerca in base a un network sociale dotato di logiche diversificate: la logica dell’algoritmo di Google che sottolinea il numero di volte che una pagina è linkata dai gestori di altre pagine; la pratica di Facebook che di fatto privilegia la segnalazione dell’interessante, del curioso, dell’immediato; la logica di Twitter che a sua volta sembra privilegiare l’attuale; e così via. Ma la tradizionale netiquette ha sempre proposto a chi manda un’informazione online di citare la fonte. È la logica di Wikipedia. Se questa “net-etica” viene seguita, si forma una rete sociale di accesso a informazioni fondate che finisce per generare una maggiore quantità di informazioni disponibili per tutti, basata su una minore responsabilizzazione personale e una maggiore responsabilizzazione collettiva. (Se non viene seguita quella “net-etica” si assiste a una balcanizzazione della memorizzazione, ma questa è ancora un’altra storia).
Internet (con l’accelerazione ulteriore dell’internet mobile) emerge chiaramente in una quantità di situazioni come la tecnica più adatta per memorizzare e accedere all’informazione memorizzata. E affida alla collettività di riferimento una maggiore responsabilità di memorizzazione rispetto alla memorizzazione individuale: il che ha conseguenze sulle relazioni tra le persone e le relazioni tra i fatti che le persone ricordano.
Non per nulla l’articolo di Science cita il tema della “transactive memory“: “Transactive memory
suggests an analysis not only of how couples and families in close
relationships coordinate memory and tasks in the home, but how larger
groups and organizations come to develop “group minds,” memory systems
that are more complex and potentially more effective than those of any
of the individuals that comprise them
“.
La memoria non è la memorizzazione. La memoria è una funzione individuale ma anche un atto culturale, psicologico, filosofico complesso. La nozione di memoria contiene anche quella di oblio, implica anche la selezione di ciò che non va ricordato, riguarda anche la focalizzazione su ciò che importa, di volta in volta e in generale. 
La capacità di pensare e vivere in modo indipendente, innovativo e libero dipende anche dalla capacità individuale di connettere informazioni e pensieri in modo originale o comunque autenticamente personale. E la capacità di innovare in una società o una cultura dipende anche dallo spazio che la società o la cultura affidano all’indipendenza individuale, alla diversità, alla sperimentazione.
Da questo punto di vista, chiedersi quale sia l’effetto di internet sulla memoria è evidentemente insufficiente perché la risposta va contestualizzata nelle diverse condizioni sociali e culturali nelle quali interviene l’utilizzo di internet.
Si può dire che internet acceleri tutto. Moltiplichi la quantità di informazioni. Avvicini le persone e le nozioni in modo molto sensibile. Dunque richiede e premia le migliori strategie per gestire la memoria collettiva. Questo è il territorio di innovazione principale al momento, visto che stiamo affrontando una novità molto molto significativa. Ma l’equilibrio individuale con il quale a nostra volta gestiamo l’uso di internet non va dimenticato, altrimenti avremo meno probabilità anche di pensare buone innovazioni per la memoria collettiva. E quell’equilibrio individuale va coltivato come si coltiva il corpo e lo spirito. Accedendo a una diversità di attività, di fonti, di modi di allenare il cervello: sicché – tra l’altro, ripeto, tra l’altro – trovo insostituibile il tempo che si dedica alla lettura di un libro lineare, lento, fisico. Anche questo serve per usare e contribuire a internet e all’innovazione culturale che via internet si sta rendendo possibile, senza limitarsi a subirla. Il che la negherebbe.

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  • A me sembra che il risultato più interessante della ricerca sia che con la Rete diventa più importante “saper cercare” piuttosto che “sapere”, una sorta di affermazione del modello “search-engine” anche per il nostro cervello.

  • vero che per l’individuo è importante saper cercare, ma per la collettività è tassativo saper organizzare le informazioni per farle trovare quando servono al singolo individuo

  • Dal sapere come memoria orale, anche quando veicolata da un limitato numero di copie scritte,
    al sapere ampiamente disponibile tramite le biblioteche e le copie private, e la scrittura individuale, ma nelle sue forme più complesse e specialistiche accessibile ai più soltanto in forma divulgativa,
    al sapere sempre più disponibile e accessibile a tutti nell’intero spettro dall’elementare/comune al complesso/specialistico.
    In questa sequenza il sapere acquisisce crescente velocità evolutiva e crescente permeabilità. Facilità di accesso non comporta necessariamente comprensione, ma ne è senz’altro utile prerequisito e significativo “facilitatore”.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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