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Ieri a Matrix

Nel libro che sto per pubblicare vorrei discutere un po’ intorno a un episodio cui mi è successo di assistere. E ieri a Matrix se n’è parlato. Citavo quella vicenda in questo post di un anno e mezzo fa:

Una volta, nel 1989, l’allora semplice imprenditore, il fondatore della
Fininvest, mi disse: «Abbiamo cambiato l’Italia mettendo Dallas in tv».
All’inizio degli anni Ottanta, l’Italia era stata l’ipocrisia
costruttiva della Dc e la serietà quasi impotente del Pci, era stata
l’oscuro territorio della mafia e del terrorismo, era stata il miracolo
economico e l’imperinflazione. I socialisti erano solo all’inizio della
loro ascesa. Gli ex fascisti non erano nominati quando si parlava dei
partiti dell'”arco costituzionale”. I valori, affermati più che
seguiti, riempivano la cultura di tabù. E la revisione dell’immaginario
partita da Dallas fu la progressiva distruzione dei tabù. Per aprire la
strada a un nuovo insieme di valori, considerati trasversali, non
ideologici, universali, per quanto bassi e violenti: sesso, soldi,
potere. Valori che dettavano la prospettiva sulla quale ciascuno poteva
scommettere.

Il mondo all’inizio degli anni
Ottanta andava nella stessa direzione. Reagan e Thatcher davano la
linea. La deregolamentazione la metteva in pratica. Il risultato è
stato il trentennio che potrebbe essere finito nell’esplosione
finanziaria. O forse no. Dipende da quanti soffrono per l’esagerata
preponderanza di quei valori trasversali e bassi che sono stati imposti
a partire da Dallas. E dipende dalla possibilità che emerga un nuovo
racconto della prospettiva. Basato su valori altrettanto trasversali
per l’umanità, ma più umani e visionari, come per esempio felicità,
equilibrio ambientale, cosmopolitismo, empatia, intelligenza. La
ricostruzione dell’immaginario, passato per la forse giusta distruzione
dei tabù, ma deprivato di slanci costruttivi per il bene comune, è
un ineludibile bisogno.

(Se n’è parlato con Loredana Lipperini e Giovanna Cosenza)

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  • Se citare gli altri definisce l’identità le tue parole: “E dipende dalla possibilità che emerga un nuovo racconto della prospettiva. Basato su valori altrettanto trasversali per l’umanità, ma più umani e visionari, come per esempio felicità, equilibrio ambientale, cosmopolitismo, empatia, intelligenza. La ricostruzione dell’immaginario, passato per la forse giusta distruzione dei tabù, ma deprivato di slanci costruttivi per il bene comune, è un’ineludibile bisogno” mi rappresentano molto.
    Ho sentito il tuo nome citato dall’ottima Loredana Lipperini ieri sera ed aspettavo ansioso un approfondimento. Grazie e continua così.
    P.s.
    forse un refuso, l’ultimo apostrofo del tuo post.

  • che l’Italia sia stata cambiata dalle tv di Berlusconi, non c’è dubbio, ma cambiata in meglio o in peggio?
    in che occasione ti ha detto quella cosa? eravate in 2, eri ad arcore?:-)

  • Di sicuro il modo di fare informazione è cambiato in peggio, forse però l’apertura verso il resto del mondo attraverso la trasmissione di alcuni programmi televisivi (come Dallas appunto) può averci aiutato ad aprire la mente oltre i confini nazionali. Cosa che oggi ci torna utile perché, a parte rare eccezioni, la stampa locale non sempre soddisfa il bisogno di informazione…(esistono sempre eccezioni che confermano la regola)

  • Ho fatto quell’intervista con il direttore di Fortune Italia e il caporedattore della stessa testata, nel 1989. Il risultato è stato scritto in quella rivista. L’intervista era durata più di otto ore. E la frase che ho riportato non era stata citata nel testo scritto.

  • io avrei preferito il puritanesimo della rai al finto modernismo di mediaset (che serviva a tirare la volata a Craxi)
    Fortune Italia è uscita dal 1989 a quale anno?

  • non è vero. Se la rai post-riforma fosse dovuta servire a tirare la volata alPCI, non avrebbero lasciato rai1 e rai2 alla maggioranza!

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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