Un pezzo del Financial Times (in abbonamento), “Google under fire over tactics for EU data regulation”, è costruito intorno ai tentativi dell’azienda americana di aggirare le nuove regole europee sulla protezione dei dati personali e mantenere il suo attuale modello di business. Non stupisce. Ma un argomento che merita riflessione, finora sottovalutato, è nelle ultime righe: «Google has also said it will create a new advertising service not based on any personalised targeting.»
C’è una parte del nuovo regolamento europeo che va assolutamente preso in considerazione. L’articolo 18 stabilisce che i dati personali devono essere portabili facilmente da un sistema all’altro in formati standard. Significa che i dati sono di proprietà dell’utente e non della piattaforma, significa che le piattaforme sono interoperabili, significa che è più facile fondare nuove piattaforme che partano avvantaggiate dalla disponibilità di avanzati insiemi di dati personali e relazioni tra persone che le mettano da subito (circa) in grado di competere con le piattaforme esistenti.
Se Google sta studiando un sistema di raccolta pubblicitaria che non dipende dalla conoscenza dei dati personali è anche perché pensa che in futuro dovrà competere con piattaforme che non partono svantaggiate come oggi sul piano dell’accesso a quei dati e quindi tenta di trovare un modello funzionante anche senza la conoscenza specifica di quei dati.
Si potrebbe pensare che la cosa sia potenzialmente grossa. E che dipenda dalla capacità di potenziali competitori cogliere l’opportunità. Ma chi farà le piattaforme alternative in Europa? Le telco? Le banche? Le industrie del genere 4.0? Oppure nuove piattaforme nasceranno da startup? Una cosa è certa: è un’occasione storica per colmare un gap. Ed è stata creata da un pezzo di normativa che può apparire ai superficiali come un semplice aggravio di burocrazia ma che invece si potrebbe dimostrare una legislazione che guarda avanti e apre nuove possibilità. E che tra l’altro è giusta sul piano dei diritti umani.
ps. Nella foto: uno scorcio del Parlamento Europeo
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