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«Senator…» Facebook è leggermente ingovernabile

La testimonianza di Mark Zuckerberg al Senato americano ha messo in luce una profonda difficoltà. È chiaro che Zuc si assume le sue responsabilità. Non è chiaro che cosa possa fare per rimediare. In parte non può e non vuole controllare troppo i suoi utenti. In parte non sa proprio come evitare certi abusi. Investirà in persone che supervisionano e forse in tecnologie che non esistono ancora per controllare l’uso dei dati raccolti da Facebook dopo che sono usciti dai suoi server. Ci vorrà tempo perché davvero «non succeda più» come promette Zuc.

I senatori non hanno dimostrato di avere idee in proposito. Hanno fatto la ramanzina al giovane Zuc. Ma non hanno davvero ventilato misure da proporre.

L’Europa si darà da fare di più in proposito (Illegal content, privacy)

Un’idea può essere l’interoperabilità dei dati: Evgeny Morozov sui commons dei dati. A che cosa potrebbe servire? A riportare la rete a una configurazione meno centrata sul modello delle piattaforme private, in base ad alcune ipotesi:

1. L’interoperabilità dell’accesso ai dati darebbe agli utenti la reale proprietà dell’informazione che li riguarda, concedendo l’uso della stessa ai servizi che ne facciano richiesta e seguano le regole: più diritti e più consapevolezza

2. Su questa base potrebbe diminuire il potere delle grandi piattaforme esistenti che concentrano le risorse e attirano tutta l’attenzione e la pubblicità

3. Questo favorirebbe la nascita di piattaforme alternative, magari organizzate intorno al principio “privacy by design”

4. Questo favorirebbe la produzione di tecnologie open source adatte a superare le difficoltà attuali delle piattaforme centrate sulle loro server farm

5. Le terze parti specializzate in factcheking o altre attività di monitoraggio civico potrebbero forse operare senza chiedere il permesso alle piattaforme…

Si tratta di ipotesi basate sull’idea che un’architettura più distribuita serve a rilanciare l’innovazione e il controllo sociale nella rete.

Di certo c’è che Mark Zuckerberg non era sotto giuramento quando ha detto di dare molta più importanza agli interessi degli utenti che agli interessi degli inserzionisti pubblicitari. Per aiutarlo a mantenersi sincero in questa affermazione una bella interoperabilità dei dati, che gli toglierebbe la sensazione di “possederli”, potrebbe funzionare come supporto sociale.

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  • Le proposte sembrano descrivere implicitamente una blockchain, interoperabilità a parte (per il momento).
    Su “Le Scienze” di marzo Natalie Smolensky, antropologa culturale e direttrice dello sviluppo business di Learning Machine, parlava di identità digitale “destrutturata”, estremamente granulare che potrebbe essere utilizzata sotto direttive dell’utente per accedere ai servizi online.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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