Se si cerca su Google Ngram il numero di citazioni della parola “masse” (o anche il singolare “massa”) nei libri in italiano si vedono due picchi: il primo avviene tra gli anni Venti e il 1945, il secondo tra il 1960 e il 1980. Poi queste parole tendono a scomparire. Con queste parole tende a scomparire anche l’importanza delle masse nel dibattito, probabilmente. Così come scompare progressivamente l’importanza dei media di comunicazione di massa.
La televisione generalista è l’ex regina dei media, resiste nelle generazioni più anziane. I giornali sono letti drasticamente meno che vent’anni fa. La pubblicità si è spostata sui motori di ricerca e i social network. Il terremoto sociale conseguente è palpabile. Le sue conseguenze sono tanto importanti quanto, ancora, incomprese. È possibile dire che la società ha perso una piazza e ha trovato un labirinto di cunicoli oscuri? Ma soprattutto è possibile definire il rapporto tra la perdita di centralità dei mezzi di comunicazione di massa e la parcellizzazione sociale contemporanea?
Queste e altre domande sono il filo conduttore di un libro appena pubblicato da Edizioni Libreria Cortina Milano. È curato dal filosofo Stefano Moriggi, professore di Cittadinanza digitale e Società e contesti educativi all’Università di Modena e Reggio Emilia. E contiene saggi dello stesso Moriggi, di Cosimo Accoto, Nicola Bruno, Federico Cabitza, Ruggero Eugeni, Paolo Ferri, Roberto Maragliano, Carlo Milani Mario Pireddu, Pier Cesare Rivoltella. E c’è persino un saggio di chi scrive questo blog. Il libro si intitola “Postmedialità” è composto da 187 pagine e si presenta in libreria a 20 euro.
Di certo, il rapporto tra mezzi di comunicazione e società non si risolve con una spiegazione lineare. L’innovazione tecnologica è parte del fenomeno, ma non può spiegarlo del tutto, ovviamente. I ruoli sociale dei sistemi educativi, dei servizi pubblici, delle imprese, vanno indagato nelle loro dinamiche complesse. E comunque, anche la storia specifica dei mezzi di comunicazione non si riduce alla loro digitalizzazione. In realtà, ci si rende sempre più chiaramente conto del fatto che ciò che conta nell’innovazione e nella trasformazione dei mezzi di comunicazione è l’incontro creativo tra chi propone e chi adotta soluzioni di comunicazione. Il pubblico ha una funzione attiva in questo processo, tanto quanto chi propone nuove soluzioni tecniche. Il progetto della comunicazione è socio-tecnico
Ma si può dire di più? Un progetto di ricerca si potrebbe domandare se la fine dell’uso della parola “massa” all’inizio degli anni Ottanta non sia anche un progetto culturale e politico. Sicuramente, le masse hanno avuto un ruolo politico importante e la loro frammentazione avvantaggia altri poteri. La famosa opinione di Warren Buffett, finanziere americano, secondo il quale “la lotta di classe esiste e la stiamo vincendo noi ricchi” ha certamente a che fare con questo fenomeno. La parcellizzazione dei lavoratori che è riuscita nei quarant’anni tra il 1980 e il 2020 ha reso chi cerca lavoratori più forte di chi offre lavoro, probabilmente. E i media si sono evoluti in modo coerente: per gli editori, negli anni Novanta, le masse sono state sostituite dai target che suddividevano la ex società di massa in molte società particolari, aggregate attorno a caratteristiche che separavano i giovani dagli anziani, i ricchi dai poveri, gli educati dai non istruiti, e così via. La televisione, con i periodici, in quel periodo accompagnò molto la frammentazione sociale, suddividendo la programmazione per target. Ma negli anni Duemila i media digitali hanno portato la frammentazione alle estreme conseguenze. Arrivando, appunto, alla parcellizzazione.
Non era necessario che andasse così. E non è necessario che continui così.
Il libro curato da Moriggi è un contributo alla lettura critica che può servire a ispirare un cambiamento di direzione.
Immagine di copertina tratta dal sito di Cortina Editore e prodotta con Midjourney da Jason Allen
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