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Il bivio occidentale. Tra spese militari e valori democratici

La guerra di Vladimir Putin in Ukraina sembra aver ricompattato l’Occidente. Dopo aver passato anni in mezzo a micro-conflittualità di fazione senza strategia, in mezzo a contrapposizioni tra i piccoli interessi delle diverse corporazioni e dei diversi stati nazionali, in Europa e negli Stati Uniti si assiste a un’unità di intenti di fronte alla minaccia russa.

Era molto tempo che le democrazie dovevano ritrovare i motivi della loro esistenza e affermare i valori del bene comune. Ma che frutti può dare un’unità costruita intorno alla guerra? Questi appunti servono solo a ragionare. Spero che qualche lettore mi suggerisca argomenti migliori.

Sicuramente per qualche tempo si andrà all’essenziale e si abbandoneranno almeno per un po’ le discussioni intorno alla fuffa che serve a tenere in piedi strategie di consenso di piccolo cabotaggio, basate sulle tecniche di raccolta di attenzione sui social network. Ma le grandi scelte saranno attente all’inclusione sociale, al cambiamento climatico e alle grandi vere sfide che le democrazie devono dimostrare di saper affrontare meglio delle autocrazie?

La democrazia nel confronto internazionale in un contesto di grandi sfide globali ha senso se afferma un modo di decidere democratico e valori di ascolto e rispetto. Certamente, la forza è necessaria per difendere la democrazia, ma se l’unità della democrazia si trova soltanto nei momenti di guerra rischia di equivocare il bene comune con il bene degli apparati militari statali. O sbaglio?

Negli Stati Uniti, il confronto militare e strategico con l’Urss nel Dopoguerra ha condotto il paese a perdere un po’ della sua forza democratica a favore delle lobby del Pentagono. L’Europa si è salvata da questa deriva non occupandosi della propria difesa e anzi affrontando la stagione della decolonizzazione. A parte Francia e Regno Unito, in generale le pur ingenti spese militari europee sono state decise come sostegno alle strategie – e spesso alle industrie – militari americane.

Gli scenari che si possono verificare – intorno a due “variabili”: con più o meno spese militari e con valori democratici che si sviluppano o arretrano – sono quattro:

  1. Investimenti militari a scapito della democrazia: riduzione delle risorse per ogni altra cosa che non sia l’armamento, costruzione di una lobby potente delle spese militari, approccio imperialista nei confronti del resto del mondo
  2. Democrazia a scapito degli investimenti militari: indebolimento degli stati e delle organizzazioni democratiche nel confronto con gli stati autocratici che costruiscono il loro consenso sul nemico esterno
  3. Spese militari in crescita proporzionata all’aumento della democrazia: i valori della convivenza civile vengono affermati e vissuti con coerenza anche nelle relazioni internazionali, mostrando la forza delle armi come un corollario della forza delle idee
  4. Meno democrazia e debolezza militare: l’inutilità delle democrazie deboli e incapaci di elaborare il proprio compito nei nuovi scenari può condurre alla loro fine.

Gli obiettivi strategici – clima, inclusione, pace – devono essere perseguiti tutti. Altrimenti non si raggiunge nessun obiettivo. Imho.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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