Alberto Frausin, ad di Carlberg Italia, ha rivoluzionato un suo impianto produttivo per risparmiare energia e ridurre gli scarti usando una tecnologia italiana e un management del coraggio: ha realizzato l’innovazione nascondendo i lavori dietro un muro e solo a lavori conclusi ha chiamato il suo referente danese e gli ha detto quello che aveva fatto. «Ti devo licenziare» gli ha detto il suo capo. «Ma vai avanti».
Che l’innovazione richieda coraggio è chiaro. Che richieda visione è evidente. Ma nelle grandi aziende talvolta passa per azioni che vanno oltre le regole e certamente contro la logica del (mi scuso per il termine tecnico) “paraculismo” aziendale. Se va bene è grande. Se va male è un guaio grosso. E va bene quando è giusta: in termini ambientali, sociali, economici. Come appunto quello che ha fatto Frausin. Bisognerà approfondire.
Il racconto è venuto fuori al convegno Loccioni sulla fabbrica alimentare intelligente. Dove Gino Romiti di Loccioni, Giovanni Fileni fondatore della Fileni, Maeco Graziano, della Mondelez, Filippo Ferrari della Lavazza, Eugenio Alessandria della Ferrero, Massimo Angelini della Nestlé Waters hanno raccontato le loro innovazioni produttive per la gestione dell’energia, dell’informazione, della qualità, della sostenibilità: l’idea emersa è che l’innovazione non si compra con le macchine ma si costruisce con un pensiero olistico, grande management, imprenditorialità, senso del valore umano delle attività produttive e del consumo… È un miglioramento continuo, certo, ma spesso sconfina con la riprogettazione continua.
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