Le città diventano infosfere e i dati che generano sono parte integrante dell’ambiente che diventa più – o meno – vivibile. Più informazioni possono renderci più consapevoli dei nostri consumi e della nostra impronta ecologica ma anche ovviamente più soggetti alle strutture che concentrano il controllo e l’elaborazione delle informazioni.
Big data e smart city fanno parte delle visioni e dei fatti che contano. Non solo telefoni ma sensori ovunque. Occorrono non solo piattaforme piatte pervase di ogni cosa tra le opportunità e gli inquinanti, ma pluralità di reti e dimensioni umane. Sorpresa e avventura in un mondo registrato e monitorato resteranno parte della nostra immaginazione. La consapevolezza, per chi chieda come ne usciamo, è sempre la parola chiave.
Tutto ciò che riguarda privacy, libertà e sicurezza dipende da consapevolezza: cioè il contrario della manipolazione. Per questo dobbiamo lanciare un grande movimento per l’ecologia dei media. Una Kyoto dei media può dare l’idea. Ma per arrivare a comprendere che ogni nostro gesto ha valore per l’infosfera e la qualità dell’infosfera ha valore per ognuno di noi.
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