All’Institute for the Future dicono: “La legge fondamentale degli studi sul futuro è che non esistono fatti sul futuro. Solo narrazioni”. Le previsioni in effetti non attraversano un momento di grande popolarità. L’Economist ha scritto in proposito: “L’economia è la scienza che studia perché le sue previsioni non si sono avverate”. E il successo di Nassim Taleb è connesso a queste vicende perché è orientato a ragionare sull’evoluzione dei fenomeni complessi negando il valore dei fenomeni tanto fragili da funzionare soltanto quando si riescono a tenere sotto controllo con le previsioni.
Queste narrazioni hanno bisogno di materiale, ovviamente. Jamais Cascio scrive un appunto da tenere a mente quando progettiamo un pensiero sul futuro:
1. Clima ed ecologia
2. Demografia
3. Modelli sociali
4. Potere e ricchezza
5. Arte
L’equilibrio tra questi elementi è azzeccato. Tendiamo a dare molta importanza a potere e ricchezza, ma valgono solo per un quinto del problema. Ecologia e demografia sono decisamente più importanti per ispirare visioni di grande impatto e vagamente realistiche. I modelli sociali sono la parte più complicata, vanno dalla religione al costume, dalle abitudini familiari alle dinamiche della comunicazione (difficile tirarne fuori qualcosa che non rischi di essere molto fantasioso). L’arte invece è spesso dimenticata quando si parla del futuro: ma è forse la fonte più grande di ispirazione per la credibilità delle grandi narrazioni sorprendenti.
Bel post Luca non lo vedremmo mai al tg ammesso che abbia un senso guardare il tg.
Ma per la moltitudine sarebbe un ottimo servizio da proporre anche sul plastico “se necessario”