La Fondazione Opes investe nelle imprese sociali che sanno innovare. Il suo capitale è paziente. La povertà che tenta di combattere non può esserlo.
La visione è stata raccontata ieri a un convegno importante. Gli esempi emersi sono riassunti da Silvano Rubino:
Agung Alit, da 20 anni, lavora affinché Bali possa essere un paradiso non solo per le migliaia di turisti che affollano le sue spiagge ogni tanto, ma anche per i piccoli artigiani delle comunità locali. Nel 1993 ha fondato Mitra Bali, una cooperativa di commercio equo e solidale che punta a far avere giusti compensi agli artigiani. E ci sta riuscendo. Abubaker Musuuza, giovane ugandese, ha fondato insieme a un socio Village Energy, con un’idea semplice: portare l’elettricità laddove non c’era e dove il kerosene per illuminazione porta via molto del reddito delle famiglie più povere (e ne mette a repentaglio la salute), sfruttando l’energia solare e facendo diventare ogni famiglia un piccolo produttore in proprio. Qualcosa di simile a quello che fa dal 1995, in India, Harish Hande con la sua Selco. E poi c’è Sundeep Kapila, che invece ha fondato Swatsth India, un’impresa sociale che lavora nel settore della salute, con l’obiettivo di dare, da qui al 2018, assistenza sanitaria accessibile e di qualità a 10 milioni di persone che oggi non ce l’hanno (nella foto, un loro ambulatorio).
Intanto, László Andor, European Commissioner responsible for Employment, Social Affairs and Inclusion, ha pronunciato un discorso da tener presente: The sustainable future of our societies is in investors’ long-term interest.
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